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ACQUA, LA VITA IN UN BICCHIERE

Ci sono cose dell’Acqua che (forse) non sai ma che ti possono risolvere qualche piccolo disturbo di salute con SOLO un po’ di attenzione in più…

L’Acqua rappresenta il 60% della materia che ci compone. E questo vale se ci riferiamo ad un uomo o una donna adulti. Nei neonati è diverso: la percentuale di acqua corporea è molto più alta, fino al 75%. Ma la cosa interessante è che già dopo il concepimento, nella fase della blastocisti, siamo acqua per il 90% . Dal periodo embrionario alla vecchiaia i fluidi corporei diminuiscono dall’80% al 50%. Ciò fa parte di un fisiologico  processo di invecchiamento.

Quanto è importante bere? È fondamentale: l’acqua è davvero il nostro primo nutrimento.

Con un grado di disidratazione del 7% puoi avere allucinazioni e con il 10% collassi e infarti. Sono situazioni estreme che si verificano in certe condizioni e in persone a rischio, come bambini anziani e sportivi.

Considera piuttosto questo: una disidratazione del 2% ti impedisce le performance psicofisiche, al 4% ti senti stanco e perdi forza muscolare e al 5% accusi disturbi gastrointestinali e perdita del calore interno con ripercussioni sulla termoregolazione.

L’acqua corporea è distribuita per i 2/3 nel distretto intracellulare. Le nostre cellule sono dotate di specifici meccanismi che permettono il passaggio delle molecole di acqua attraverso canali specifici, le acquaporine. Lo studio di queste vie dell’acqua ha valso il premio Nobel al prof. Peter Agre nel 2003. http://www.pianetachimica.it/mol_mese/mol_mese_2014/05_Acquaporine/Acquaporine.htm

Quanta acqua c’è nei nostri organi e tessuti?

Ci sono tessuti che amano l’acqua, come il tessuto muscolare, e altri che non ne sono ricchi, come il tessuto adiposo. Questo è il motivo per cui le donne, che hanno più adipe rispetto all’uomo, presentano una percentuale di acqua corporea leggermente inferiore. Bere tanta acqua ostacola l’accumulo eccessivo di grasso, il che va benissimo per chi vuole perdere qualche chilo di troppo. Il corpo vitreo dell’occhio (99%) e il cervello (86%) sono altamente idratati, mentre il tessuto osseo (22%) e i denti (10%) lo sono decisamente meno.  Un terzo dell’acqua corporea sta nel sangue e nei liquidi biologici, tra i quali anche quelli sinoviali presenti nella articolazioni e il liquor cefalorachidiano che circola nel sistema nervoso centrale.

Vuoi muoverti senza impaccio e in modo più fluido? Bevi di più, così pulisci dalle tossine anche le fasce muscolari dove si possono formare ristagni che diventano dolorosi. Le stesse raccomandazioni valgono se vuoi essere più lucido, più efficiente e più attento: bevi di più e nutrirai anche le cellule nervose.

Un’acqua corporea speciale: il liquido cefalorachidiano o liquor…

nutre il cervello, lubrifica, favorisce la respirazione craniosacrale, e mantiene l’onda che regola la ghiandola intracranica epifisi, conosciuta anche come pineale. i rapporti tra liquor e ghiandola pineale sono importanti per la regolazione della produzione di melatonina, la regolazione dei ritmi circadiani e la funzionalità ipofisaria. l’acqua è quindi fondamentale anche per l’integrazione funzionale tra sistema nervoso endocrino immunitario e psichico. Ma sull’acqua tanto si dice, non tanto quanto si sa: oggi più che mai può essere considerato l’Elemento Informazionale per eccellenza. L’acqua crea dialogo tra le parti, è proprio così come risulta dagli studi scientifici. L’acqua registra e conduce le informazioni elettromagnetiche, è sensibile ai campi energetici, trattiene le tracce energetiche della materia, formando domini di coerenza e può trasmetterle a distanza. Si tratta insomma di un veicolo di informazioni sottili, che possono giungere in qualsiasi distretto del nostro organismo, fino a comunicare con gli acidi nucleici (DNA).

La prossima volta che berrai un bicchiere d’acqua (dovresti berne almeno 8 al giorno, ricordalo) puoi tenere presente che stai facendo un atto prezioso. Bere è un piacere: prenditi tempo quando bevi per percepire il senso di benessere che l’acqua ti dà immediatamente. E magari prova ad associare l’atto del bere con la ricerca di un benefico aggiustamento posturale. Rilassati e goditi il senso di gioia.

E già che ci sei nel tuo bicchiere fai entrare anche le informazioni che vuoi che arrivino a ogni cellula, magari qualcosa di leggero e di fluido, proprio come l’acqua.

Il Coaching: anche se caschi, non ti fai male

Caduto dalle Stelle anche tu? Lasciati andare: con il coaching anche se caschi non ti fai male. A tutti quelli che ogni tanto si sentono stranieri su questo pianeta, a chi guarda in su sperando di leggere la scritta “torna!”, alle persone che hanno nostalgia di Casa, alle anime in pena che vorrebbero prenderla più alla leggera:  abbiamo passato anni a cercare di capire noi stessi e il nostro bisogno di trascendenza, perché capire, pensavamo, è il nostro piano A, quello che è nella nostra natura perseguire. Ce l’abbiamo fatta? Qualcuno sì, qualcuno no, molti sono in forse. Di fatto stiamo ancora “aspettando”. Che cos’è che ancora deve arrivare? la risposta potrebber risultare spiazzante: forse proprio noi! Siamo noi stessi che ancora non abbiamo posato i piedi al suolo, che siamo ancora in viaggio dal cielo alla terra, che non abbiamo voglia di mettere le radici, o che pensiamo che sia perder tempo o non far fruttare il nostro Innato. Adesso può essere il momento del piano B, quello che va in auge dopo che il piano A non ha funzionato più di tanto: lasciati andare e tocca terra senza attriti. Ti piace l’idea? Devi sapere che ci vuole un po’ di tempo per abbandonare i vecchi schemi, quelli per cui le persone spirituali non si sporcano con la terra;  con un po’ di pazienza e un pizzico di temerarietà (doti che non ti mancano) potrai renderti conto ambientarsi in questa vita non è poi così difficile. Il coaching è un metodo che io, trascendente fin dalla nascita, ho amato da subito: mi ha permesso di accompagnare le persone nel loro viaggio tra cielo e terra. I miei coachee sono stati tutti come me: girovaghi tra gli universi e viaggiatori dei tempi, gente di difficile collocazione su questo pianeta dai confini demarcati in modo netto. Accompagnando loro nei percorsi di coaching, ho portato a termine anche il mio viaggio: adesso la terra è la mia casa, come la loro. Quando hai una casa viene da sé che è bello starci dentro, portarci le tue cose, lavorarci, condividere gli spazi, darle un ordine tutto tuo. Il coaching è un metodo, si dice, per realizzare se stessi nei diversi ambiti della vita: poco importa che sia un coaching per questo o per quello (mi riferisco alla varie etichette che definiscono gli ambiti di intervento dei coach), ciò che conta è che sia coaching, cioè allenamento. È un allenamento a stare qui, il coaching: questo è quello che ho imparato, facendolo. Pensi che tutto ciò sia poco specifico, poco di nicchia, poco definito? Il coaching non ha niente di definito e anche poco di definibile, perché al centro c’è l’Uomo, qualcosa che ancora sfugge alle etichette. Ho scritto sul coaching due bei libri (per cui ti rimando alla pagina della scuola Medicoachinghttps://www.medicoaching.it/pubblicazioni/) ma quello più bello credo sia quello che scriverò un domani, e più tardi lo scriverò più senso avrà: sono infatti sicura che ancora molte cose, e straordinarie, mi riserveranno i miei coachee e alla fine saprò dare una definizione meritevole ad una materia che non ha ancora raggiunto la sua chiara fama (forse perché la fama è cosa da piccoli uomini mentre il coaching è solo per Uomini) http://dottsilviacalzolari.it/coaching-scienza-coscienza/ Lasciati andare, ti voglio dire: se caschi, con il coaching non ti fai male. Il coach non è il tuo paracadute, nemmeno uno che ti prende in braccio. Se cerchi un salvatore non è il coach, insomma. Io, ad esempio, sono un coach “cantastorie”: mentre tu cadi, ti aiuto a raccontare la tua storia. Chi sei, che cosa vuoi e come lo vuoi fare è una tua questione: a me piace ascoltarla, la tua leggenda. Anche a te piace ascoltarla, solo che non te la racconti mai perché sei troppo impegnato a vivere male. Succede nel coaching una cosa fantastica, che ha del surreale e invece è concretissima: mentre ti lasci andare, capisci quanto è bello volare, ti guardi attorno e vedi paesaggi a cui non avevi mai fatto caso prima. È così che ti innamori della tua vita, a cominciare dalla Terra, uno scenario niente affatto casuale. Ti accorgi che metter le radici è, in fin dei conti, ciò che vuoi: provarci e riuscirci, esprimendo te stesso anche nel più piccolo gesto, decidere, scegliere, lasciare la tua firma in ogni azione, che cosa c’è di più motivante? No, il coaching non serve solo “a questo o a quello”: serve alla tua vita, o forse meglio dire alle tue vite, registrate da qualche parte nello spaziotempo diverso, lo sai tu dove. Abbiamo bisogno di trascendenza e il coaching ci può aiutare a realizzarci in questo ambito proprio qui su questo pianeta. https://psico.it/piramide-dei-bisogni-5-bisogni-fondamentali-delluomo-secondo-maslow/2017/10/ C’è chi dice che l’Anima ha i suoi registri: bene, registra la tua esperienza di adesso nell’akasha, o se prefersici nel DNA, e scrivi che il coaching ti è servito per atterrare dolcemente e ambientarti in una vita piena di senso e significato. Il te stesso che un giorno leggerà il registro forse lo saprà già che il coaching fa bene alla vita  (vedi Kryon – Akasha Umana Alla scoperta del registro dell’anima- Monika Muranyi). Allora intesi? Lasciati andare che io non ti prendo, ma ti faccio cantare la tua canzone e, come ben si sa, il “canta che ti passa” funziona: chi avrà più paura di creare la propria realtà per compiere il senso e il significato dell’essere vivi? Andiamo, che è ora!

Baby bulli: attenzione alle etichette!

Baby bulli: quando è proprio vero che un bambino è un “bullo”? Il fenomeno del bullismo si registra in età sempre più precoce e individuarne da subito le radici è indiscutibilmente fondamentale. http://www.adolescienza.it/bullismo-e-cyberbullismo/vittime-di-bullismo-gia-a-6-anni-quali-sono-i-segnali-da-non-sottovalutare/ Sono sempre di più le consulenze mediche che faccio per sospetto “bullismo infantile”. Bambini iperattivi, impossibili, incontenibili, che tracimano ansia e paura, permalosi, egoisti, rancorosi, perfino calcolatori: soggetti difficili, certo, ma non per questo baby bulli tout court. Il buon senso vuole che prima di dare del bullo ad un bambino ci si pensi bene, perché a capovolgere la medaglia si fa davvero molto presto! N.è un bambino affettuoso, impetuoso, generoso. Lo faccio sedere accanto a me e insieme ragioniamo della sua “agitazione”, come lui definisce ciò che i grandi chiamano in altri modi, per lo più utilizzando il suffisso “iper”. Lui ha 10 anni e mi racconta che il papà e la mamma sono molto preoccupati e da un po’ di tempo lo portano in giro a incontrare i dottori: pensa che sia per via di quello che dicono di lui a scuola, cioè che è un bimbo “cattivo”. Ragiono alla stessa maniera anche con A. , 6 anni, riservato, puntiglioso, ordinato. “Che cosa ti piace di più?”, gli chiedo interessata. “Andare a scuola, ma non adesso”, dice diventando un po’ cupo. Perché, mi spiega sottovoce, gli altri bambini dicono che è un prepotente e non lo prendono più a giocare con loro. Mamma e papà di A. sono imbarazzati: confessano di sentirsi in colpa, senza capire che cosa hanno fatto di così tremendo per avere un figlio “bullo”. Baby bulli o bimbi con disagio relazionale? Che cosa c’è dietro? Ci sono “le cose dei grandi”, come dice L. di 7 anni che racconta di una mamma “che ha sempre da fare, ma mai con me”. Ci sono “le cose della scuola”, dove secondo R. di 8 anni “ti fanno stare seduto anche se mi scappa di correre”. Ci sono “le cose degli altri bambini”, che mettono da parte B. di 5 anni  perché si arrabbia e tira le gomme addosso alla sua amica quando le ruba i pennarelli nuovi. Chi è il bullo e quando, chi la vittima e quando? A volte i ruoli si confondono, si invertono, si intrecciano. Una cosa è certa: i bambini vanno aiutati, dall’una parte e dall’altra, e noi grandi dobbiamo essere molto preparati a farlo. Io parto dall’ascolto: so che non ho a che fare con  piccoli uomini e piccole donne, così non posso applicare all’infanzia gli stessi schemi che valgono per i grandi, prenderei fischi per fiaschi. Possiamo tutti quanti dimostrare consapevolezza e responsabilità adottando atteggiamenti e comportamenti adeguati: vorrei che nessuno parlasse di “baby bulli” alla leggera e che tutti ci pensassimo bene, prima di incollare addosso ai piccoli delle etichette che difficilmente poi si tolgono. Possiamo cominciare, noi grandi, a modificare i nostri comportamenti,  quelli a cui i bambini assistono e che tendono a ricalcare. Non è solo una responsabilità dei genitori, ma di tutta la società adulta. Possiamo sperimentare schemi relazionali nuovi, che i piccoli possano a loro volta adottare; basta essere più semplici e spontanei, più fiduciosi e più gioiosi, più curiosi e più disponibili. Possiamo assumere ottiche più lungimiranti: basta dare un po’ di spazio ai nostri sogni e magari condividerli con i più piccoli. Possiamo anche prendere i nostri pregiudizi e metterli da parte, in un angolo dove non costituiscano un limite. Uno spunto che può tornare utile: quanti sanno che le reazioni di un bambino sono in stretto rapporto alla sua costituzione? I medici pediatri lo sanno: qualcuno è portato per natura a reagire in modo esuberante e persino provocatorio, qualcun altro tende ad assorbire certe dinamiche relazionali interiorizzandole. Saltare subito alla conclusione che quel bimbo è un bullo solo perché ha una propensione assertiva non è corretto: sono altre le indicazioni per la definizione del profilo di bullo. Consiglio i genitori di ascoltare non solo il qualificato parere della scuola e dello psicologo, ma anche quello del medico, a partire dal proprio medico di fiducia: atteggiamenti di aggressività, insofferenza, intolleranza, prepotenza sono la spia di un disagio di interesse clinico più spesso di quanto non si creda. Intolleranze alimentari, vizi nutrizionali, allergie, deficit vitaminico-minerali, malattie croniche, disordini endocrino-metabolici-immunologici hanno una forte ripercussione sui comportamenti infantili e non dimentichiamo mai che il bambino sta mettendo alla prova se stesso nella relazione con gli altri. Bambini come N. e come A. e come tanti altri che ho assistito oggi stanno bene e nessuno più li chiama bulli, perché non lo sono mai stati. Le loro famiglie respirano e con giusta soddisfazione: li ringrazio per avere avuto fiducia nella loro pediatra. Qualche bambino che in passato era stato additato come bullo ( ma che bullo non era) è diventato grande, bravi giovani brave ragazze. E mi viene in mente Al, un bimbo che tanto tempo fa era stato considerato un bullo perché angheriava una bimba che stava sempre zitta: quella bimba ero io. Un giorno il papà di Al, d’accordo con il mio, si presentò alla porta di casa mia e tirando Al per le orecchie (letteralmente) gli impose di chiedermi scusa. Lui lo fece, diventando tutto rosso, ma prima di andarsene si girò e mi disse che mi aveva trattato male perché mi voleva tanto bene. Terza elementare, nessuno gli ha creduto. Più tardi pensando ad Al non avevo dubbi: era senz’altro diventato un malavitoso! In effetti seppi che Al era diventato Don Al, ma il suffisso non indicava l’appartenenza alla mala, bensì una vocazione ben diversa: quella sacerdotale. Quanto a me, la vittima, posso garantire che il tempo della timidezza passò ben presto. Il vostro medico vi può dire se certi comportamenti di vostro figlio possano essere ricondotti a qualcosa che non c’entra niente con il bullismo. E’ un beneficio del dubbio, che dobbiamo ai nostri bambini. In fin dei conti noi lasceremo il mondo a loro e come lo troveranno dipende anche da come noi adulti abbiamo operato, cercando di fare del nostro meglio.

IPERATTIVITA’ E DEFICIT DELL’ATTENZIONE

Iperattività, bimbi troppo vivaci: soltanto esuberanti o, piuttosto, affetti da ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder)?Come si fa a distinguere quella che può essere una naturale tendenza del bambino a dare sfogo alle sue traboccanti energie dalla sindrome di “iperattività e deficit dell’attenzione” (un tempo definita disfunzione cerebrale minimale o ipercinesi)? Che cosa c’è sotto, si chiedono i genitori? Ci sono fattori genetici, che determinano un deficit evolutivo dei circuiti cerebrali dell’inibizione e del controllo, e fattori ambientali, che possono incedere variamente, non solo alla nascita o dopo ma anche durante la gravidanza. http://old.iss.it/adhd/index.php?lang=1&anno=2018&tipo=1 Di fatto I genitori verificano ogni giorno a casa l’iperattività del loro bambino: è incontenibile, non dà retta, non ci ascolta, fa quello che gli pare, è sempre arrabbiato, vive in un mondo tutto suo…non si tratta più di capricci, dicono mamma e papà, ma di un vero e proprio disturbo. Una delle preoccupazioni dei genitori è che sotto all’iperattività e al deficit attentivo ci sia un problema psicologico e cercano di “prenderlo per tempo”, ricorrendo spesso ad un “fai da te” che non produce mai niente di buono. Mamma si colpevolizza, papà si irrigidisce; da un lato si provvede con atteggiamenti iperprotettivi, dall’altro piovono sgridate e punizioni. Quanto è scomoda la posizione del bambino che aumenta il suo disorientamento e la sua frustrazione! A svelare la sindrome di ADHD ci pensa la scuola. Il luogo ideale per esaltare l’iperattività del bambino è proprio la classe con i suoi limiti strutturali, aggravati dalle regole necessarie per gestire il gruppo di scolari. Anche le relazioni con i compagni sono una palestra fenomenale per far emergere i conflitti, scatenare le impulsività, le prese di posizione, gli eccessi emozionali, gli scatti di rabbia e i momenti di isolamento. https://didatticapersuasiva.com/sostegno/il-disturbo-da-deficit-di-attenzione-e-iperattivita-7-consigli-invincibili Il dialogo scuola-genitori non è per niente facile su questo terreno. E in mezzo ci sono anche medici e psicologi.Il problema ADHD corre il rischio di essere aggravato da due opposte tendenze: la medicalizzazione da un lato e la sottovalutazione dall’altro. Mamma Mara mi chiede in modo concitato se c’è da prendere qualche medicina per la sindrome ADHD; Sara vorrebbe capire come comportarsi al meglio con suo figlio, a cui è stata diagnosticata la sindrome; papà Sergio vuole un consiglio su quale specialista consultare; Lucia , mamma di un bimbo con ADHD e maestra, con in classe un bimbo affetto dalla stessa sindrome, mi spiega il suo enorme stress nel gestire questa situazione particolare…e via dicendo, sono tante le storie delle famiglie che hanno a che fare oggi con l’iperattività e il deficit attentivo dei figli.La ADHD colpisce il 2-3% dei bambini in età scolare ma è senza dubbio in aumento e coinvolge famiglia scuola ambienti sportivi e ricreativi CHE COSA SI PUÒ FARE? Primo: capire quando si tratta di ADHD. Non solo vivaci e capricciosi; l’ADHD ti mette in una condizione molto scomoda. Tutti gli stimoli intorno a te ti attirano di continuo, impedendoti di posare l’attenzione su qualcosa per poco più di una frazione di tempo, insufficiente per renderti conto di qualcosa; ti ritrovi in una specie di frullatore emozionale, e tutte le emozioni sono esasperate; in più sei carico come una pila e, anche se vorresti riposare e rilassarti, non puoi farlo. Gli altri ti sono ben presto ostili e ti allontanano; tu fai di tutto per farti volere bene ma combini solo pasticci. Una cosa che mi colpisce dei bambini con ADHD è che si rendono conto di quello che gli accade intorno; vedono che tutti dicono di volerli aiutare ma poi chi li sgrida chi li riprende, chi gli sta troppo addosso…nessuno, insomma, che dia loro fiducia, che li faccia sentire capaci e intelligenti. Matteo dice “Sono iperattivo, me lo ha detto la maestra. Ma io non riesco proprio a stare attento, ci sono troppe farfalle fuori dalla finestra della mia classe”. Ogni pensiero che sorge nella mente di questo bambino è fuggevole come una farfalla e lui lo insegue ovunque lo porti. Di pensiero in pensiero, di emozione in emozione, di farfalla in farfalla, tutto vola e va. Il corpo, la mente e il cuore di Matteo sono in perenne viaggio su una mongolfiera che non si sa quando toccherà terra. Personalmente amo moltissimo questi bambini e parlo molto con loro: sulle cose che a loro interessano riescono a soffermarsi molto di più che non sulla lezione di storia o di italiano. Secondo: scegliere l’atteggiamento relazionale giusto. Al di là di ogni ispirato consiglio psicologico, quello che vi do io è “avere fiducia e dare fiducia” a vostro figlio. Nessuno dice che sia facile, ma la ADHD va affrontata consapevolmente, onde evitare che nell’adolescenza e in età adulta venga compromessa l’intelligenza emotiva, relazionale, sociale. Terzo punto: collaborare. La ADHD si affronta da più punti di vista, perché coinvolge un ampio spettro di figure, da quelle parentali a quelle professionali che gli gravitano intorno. Quarto punto: dargli feedback positivi E’ quello in cui ho maggior fiducia. Mettete vostro figlio in condizione di realizzare piccoli ma significativi obiettivi e dategli dei feedback  positivi. Non è così difficile: -fategli fare piccoli lavoretti -frazionate i compiti e fateli con lui, magari inserendo una nota ludica -dategli delle gratificazioni da raggiungere non subito ma dopo un tempo un po’ più lungo -rilassatevi insieme a lui con qualche occupazione tranquilla -evitate di stressarlo con inutili marce chilometriche (o sfrenate attività fisiche per “farlo scaricare”) -abbassate la voce e scegliete ambienti in cui si possa modulare il rumore -dategli da mangiare cibi freschi e preparati al momento -integrate con vitamine B e con minerali come Zinco Selenio Manganese -state dalla sua parte, senza stargli troppo addosso ma tenendovi ad una giusta distanza. -lasciatelo sbagliare e correggetelo col sorriso sulle labbra per fargli capire che la perfezione non esiste. -quando uscite (al ristorante alla festa di classe al catechismo) siate orgogliosi di lui. Ricordatevi: l’unica cosa che state rischiando non è quella che vostro figlio distrugga qualcosa (o faccia piangere gli altri bambini o dia in escandescenza esponendovi al ludibrio pubblico) ma quella di non apprezzarlo abbastanza negli sforzi che fa per compiacervi. Vi consiglio di partecipate attivamente alle sue conquiste; l’equilibrio, la riflessività, la consapevolezza sono facoltà cerebrali che possono richiedere il loro tempo per arrivare ad esprimersi in modo completo ed armonioso. E diamoglielo questo tempo, che , come si sa in fondo è …relativo!

Medicina di Bach nella regolazione biologica

Medicina di Bach e cure integrate

La Medicina di Bach, ovvero diagnosi e cura del disagio di vivere che si nasconde dietro a un mal di testa, a un malassorbimento, a una tachicardia o a qualsiasi altro sintomo che non ha niente di organico. Oggi più che mai la Medicina di Bach è uno strumento attuale e irrinunciabile in Medicina Integrata. Si tratta di una medicina che affronta grandi temi esistenziali: che cos’è la salute? Che cosa vuol dire star bene? Se ci si ammala, come si fa a guarire? Queste ed altre riflessioni sono all’ordine del giorno negli studi medici. Riflessioni di inestimabile valore nella vita di chi patisce e di chi cerca di alleviare la sofferenza altrui.

la relazione di Cura

La Medicina Integrata è aperta alla relazione che cura, quella tra medico e paziente, che il più delle volte fornisce risposte confortanti a tali domande. Si tratta di una Medicina originale, che ricerca le cause del malessere al di là delle etichette diagnostiche, pur importanti. Il medico lo sa, che i mal di testa non sono tutti uguali, anche se possono essere curati con la stessa medicina. Sa anche, il medico, che la guarigione e la cura non sono la stessa cosa, poiché tutto può essere curato, ma non tutto poi guarisce. Dunque, il punto è: “come si guarisce”. Questo è l’approdo della pratica medica, dove convergono aspettative, intenti, competenze, esperienze, valori professionali e personali di ogni singolo medico.

il Super Sistema Integrato

Oltre le soluzioni spicciole, c’è la Medicina Integrata, con i suoi presupposti moderni e tradizionali, con un ampio corredo di terapie e tecniche per il riequilibrio, l’armonizzazione e l’integrazione funzionale. Protagonista: il Super Sistema Integrato, PsichicoNeuroEndocrinoImmunologico (o PNEI). Che l’integrazione funzionale sia una realtà biologica è Scienza. Una scienza popolare: tutti la conoscono e ne hanno prove tutti i giorni. Star bene, lo sanno tutti, vuol dire pensare bene, fare bene, provare buoni sentimenti, realizzare e realizzarsi. E star bene è soprattutto una questione di etica verso se stessi: questo è il punto cruciale della Medicina di Bach

eppure non mi sento bene

eppur non basta, sì è vero: non sempre avere un fegato sano, una mente sveglia, un corpo robusto e resistente è sufficiente per “sentirsi bene”. A volte, anche se gli strumenti sono ottimi, è come se mancasse il direttore d’orchestra, vero? Non c’è niente che non va in assoluto eppure sentiamo che non va bene. Chi dirige l’orchestra? E’ la domanda che tutti i pazienti prima o poi si fanno. Una di quelle domande che di solito i più temono di fare al proprio medico. Una di quelle domande che però un medico si aspetta, perché sa che una risposta convincente può fare la differenza tra “curare” e “guarire”.

“guarisci te stesso”

C’è stato un medico che ha precorso i tempi, annunciando i presupposti della medicina integrata già agli inizi del  ‘900. Edward Bach, il medico inglese che ha lanciato la floriterapia, non è solo il dottore dei fiori, ma anche, e soprattutto, un vero filosofo della guarigione. Lo stile di vita alla “Edward Bach” è molto moderno, lo sapete? Insegna come vivere senza ammalarsi: in fondo è semplice, basta essere se stessi e seguire la propria vita maestra. Bisogna leggere gli scritti originali per comprendere l’attualità dei concetti chiave della sua opera. Un’ opera tra Visione e Missione, non c’è dubbio, preziosa oggi più che mai. Già, proprio oggi che sappiamo scientificamente quanto sia importante per vivere a lungo e bene essere ispirati, motivati, desiderosi. Muovi i tuoi passi sulla via Maestra oppure arranchi per sentieri contorti? Se a volte ti sembra di stare correndo nella ruota del criceto o ritorni sempre al via come nel gioco dell’oca, stai certo: sei fuori dalla via maestra e di sicuro non stai bene (e prima o poi te ne accorgerai).

DNA e biofotoni

Sulla via maestra c’è luce, vedi bene dove vai e non ti perdi. La scienza potrebbe leggere questa metafora collegandola al meccanismo on-off dei geni. Geni che si attivano illuminano il DNA con l’emissione biofotonica. Neuroni che si collegano fra loro accendono reti da cui originano i processi mentali.  La Luce interiore è una realtà biologica, prima di essere una credenza culturale, un fatto letterario o una ispirazione spirituale. Luce: il pattern della nostra energia, quella che fa funzionare il motore di alimentazione del  Super Sistema Integrato.https://www.neuroscienze.net/biofotoni-ed-armonizzazione-della-vita-biologica/

il potenziale luminoso

Alla fine tutto è Luce, insomma, ciò che vive finchè vive. Edward Bach non conosceva ancora le tante meravigliose scoperte della scienza eppure era così sicuro del potenziale luminoso del nostre essere! Lo identificava con qualcosa di molto preciso: il direttore dell’orchestra, quello che crea la melodia. E’ la nostra Essenza. Per Dante sarebbe stato quell’amor “che muove il sole e le altre stelle”, vale a dire quel principio vitale che illumina la nostra vita in ogni suo aspetto. Un principio  che segna il nostro passo sulla strada (o Missione) che ognuno di noi ha da compiere, rispondendo ad una sua esclusiva e originale richiesta (la Visione).

siamo tutti a lezione

Perché tutti siamo qui non a caso bensì per un comune motivo: imparare per evolvere. Chiaro, no? Sono tante le persone che intuiscono che è così, che capiscono che è così, che verificano che è così. La vita serve per essere migliori, e ciò vale per ogni vita, anche quella più misera o insignificante. Siamo tutti a lezione.

energia informata

Essenza: secondo Aristotele questo termine indica “ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un’altra cosa”. Immagino la mia Essenza come una specie di marchio, per cui io e solo io sono me stessa, e non un’altra persona. È una traccia indelebile della nostra autentica natura, di cui tutte le cellule sono informate in modo coerente e sincronico. A volte lo percepiamo solo come un flebile sospetto, altre volte come una certezza assoluta, ma il succo è questo: noi sappiamo chi siamo ad un livello molto profondo. L’Essenza è un’ energia informata di “tutto ciò che sei”, che impregna tutte le tue le funzioni e le integra: corpo, mente e cuore.

l’Essenza all’opera

E come tutte le forze, l’Essenza qualcosa produce: emozioni, sentimenti, pensieri, azioni. Quando siamo allineati alla nostra Essenza, forte e pura, la sua luce viva e potente illumina il DNA; ogni cosa che proviamo sentiamo pensiamo facciamo è espressione diretta di quel che siamo. E’ nostra facoltà (e anche responsabilità) mantenere la  condizione perfetta dell’integrazione del Super Sistema per condurre una vita ricca di senso e significato, piena di occasioni interessanti e proficue per crescere ed evolvere, dando e ricevendo il meglio. Le più antiche culture si sono occupate di come possiamo mantenerci allineati con la nostra Essenza e anche le più moderne indicazioni sullo stile di vita, la gestione emozionale, la realizzazione degli obiettivi ecc. mirano alla ricerca dell’integrazione perfetta (il che vuol dire anche felicità).

“voi soffrite a causa vostra”

Capita però che la luce dell’Essenza venga ottenebrata, ne sai qualcosa anche tu? E’ allora che diventiamo deboli incerti insicuri e non sempre quello che realizziamo ci fa stare bene. Nel 1931 il dottor Edward Bach lanciò una provocazione in occasione di una conferenza medica. “Voi soffrite a causa vostra”, è il titolo del suo illuminato discorso, in cui osserva e ammonisce al riguardo di una verità valida ancor oggi: la malattia è il risultato di un negato allineamento ai dettami della nostra Essenza (o Anima) (Edward Bach, Le opere complete, Macro edizioni).

7 passi nelle virtù

Il corpo, dice Bach, è il santuario dell’Anima: diventa fonte di dolore quando non ascoltiamo le voci dal profondo. L’intuizione, quando si collega alle radici del nostre essere, ci suggerisce le scelte giuste, quelle che ci portano in alto lungo una scala di valori: pace, speranza, gioia, fiducia, certezza, saggezza, amore. Li possiamo conquistare, grazie alle esperienze di vita quotidiana: ogni nostra giornata fa da sfondo alla nostra evoluzione, è il teatro dove impariamo a tirar fuori il meglio di noi e dimostriamo che possiamo essere migliori. Bach individua in queste Virtù i 7 passi da fare per guarire da ogni ferita, da ogni malattia, da ogni tribolazione. C’è una forza speciale nella filosofia di Bach, legata al fatto che le sue considerazioni sono verificabili da tutti.

7 passi nella malattia

Ci sono malattie che vengono ben prima delle varie patologie mediche e che si chiamano orgoglio, violenza, odio, egoismo, ignoranza, instabilità, avidità. Basta che ci immedesimiamo in queste situazioni negative, di cui tutti siamo stati vittima almeno una volta, per comprendere quanto male possano farci, quanto possano offuscare la nostra mente, congelare il cuore e gettarci nella più oscura condizione: la “l’oscura notte dell’anima”(dall’opera di San Giovanni della Croce all’opera di Bach).

“libera te stesso”

Allora ci vuole la Luce che ci ricordi chi siamo; riportandoci alla nostra Essenza possiamo guarire e liberarci dal dolore. Dove l’andiamo a prendere una luce che illumini un’oscurità così profonda come quella della depressione? Bach pensò ai fiori, perché i fiori hanno un potenziale vitale completamente espresso e sono disponibili a donarcelo attraverso le diluizioni in acqua, che sono alla base delle preparazioni dei suoi rimedi.http://www.bachcentre.it/fiori_bach/index.php

nell’ottica di Bach

A tu per tu con Bach, che cosa ci direbbe oggi? “Accendi la luce della tua Essenza usando la Natura. Prendi quell’essenza che ti aiuta a imparare la lezione che ti serve o che non vuoi imparare. Se sei egoista hai bisogno di provare a vivere con generosità,  se sei rigido hai bisogno di ammorbidirti nei modi e nei sentimenti, se sei orgoglioso hai bisogno di scendere dal pero e di cominciare a servire gli altri come se fossero tuoi fratelli”.

dal disagio alla malattia

È vero che ci sono rimedi floreali che servono per farti stare più calmo, per farti dormire meglio, per aiutarti a prendere un aereo quando hai una fifa blu di volare. Non perdere di vista, però, quello che è il messaggio più importante legato alla floriterapia: il tuo disagio, qualunque esso sia, nasconde qualcosa di più, qualcosa che ha a che fare con te, con il modo di vivere che stai portando avanti, con le credenze e i valori che hai. Fermati e ascolta: sei te stesso nella vita di tutti i giorni? Ci sono desideri altri, pensieri altri, emozioni altre, a cui non stai dando spazio? E’ questa la missione e la visione della tua vita, quella cioè a cui stai dando retta? Che cosa altro c’è da sapere su chi sei e dove vai.

regolazione con i rimedi floreali

Integrare vuol dire assemblare, riunire, mettere assieme in modo armonioso e funzionale. La medicina è integrata quando promuove la regolarità e la libera espressione del nostro potenziale vitale. Nella medicina di regolazione la floriterapia ha una sua collocazione sostanziale ed è il modo più naturale di concepire una reale comunicazione tra anima e corpo. Cosa che è sempre più necessaria per salvarci tutti quanti da noi stessi, dai nostri veleni, dalle nostre contaminazioni, nonché dai nostri “brutti pensieri” (direbbe Lucio Dalla).

un ponte tra Visione e Missione

Tra la Visione e la Missione: un ponte tra i desideri più intimi e profondi di cui vediamo la splendida immagine nel futuro e la strada da percorrere per avere una vita piena di senso e significato. http://dottsilviacalzolari.it/il-coaching-dei-fiori/. Un ponte di salute e prosperità, che io vedo costellato di fiori semplici spontanei e sorprendenti, come la vita. E su questo ponte c’è, ad aspettarci, un testimone di coraggio, pace e speranza, che io voglio seguire, ancor oggi e ancora per tanto tempo. Grazie, Edward, per la compagnia.

Buon Viaggio


IL COACHING TRA SCIENZA E COSCIENZA

Il coaching: un metodo per crescere attraverso le relazioni. E crescere, nel caso del coaching, vuol dire espandere la propria coscienza. Questo cambia la nostra Personalità;  ne seleziona le naturali tendenze evolutive, orientandole verso un polo assertivo; ne svela gli aspetti ancora irrisolti, ponendoli alla luce dell’intelletto; ne esalta i tratti più raffinati, facendo emergere desideri nobili e profondi. Lavorare sulla propria coscienza con il metodo del coaching è un piacere della mente e un privilegio del cuore. Ho amato il coaching da subito: nonostante abbia verificato al 100% quanto sia potente nel favorire le persone a trasformare sfocati desideri in realizzabili obiettivi, io amo il coaching per il suo straordinario impatto sulla crescita personale. Ho conosciuto e approfondito diverse discipline metodi e tecniche che perseguono lo stesso scopo ma nessuna è per me così solida, attuale, moderna come il coaching. Tra scienza e coscienza: il coaching coinvolge globalmente la nostra neurofisiologia ed è compatibile con tutti  i modelli scientifici della coscienza, da quelli più classici a quelli più innovativi. Ma quello che è davvero straordinario nel coaching è che il campo di addestramento della nostra coscienza è quello della relazione interumana. Relazione: lo scenario in cui si svolgono tutte le nostre esperienze. Non c’è azione che non sia ambientata fuori o dentro di noi. Le nostre emozioni i pensieri le azioni sono prodotti relazionali. A livello scientifico ne sappiamo già abbastanza dei nostri processi mentali in se per sé; adesso la scienza sposta l’attenzione sulla relazione con l’ambiente, interno o esterno a noi che sia, concludendo che la mente è una funzione emergente da tale relazione, o, meglio, è relazione pura essa stessa, in grado di regolarsi attraverso i suoi stessi feedback. Il coaching ci allena sullo sfondo delle relazioni interpersonali: è lì che emergono le migliori qualità, anche quelle misconosciute, dalle quali possiamo, impegnandoci, ricavare capacità e competenze utili per realizzare quel che desideriamo profondamente.  Un obiettivo raggiunto è il risultato concreto di un’agentività esperita nel mondo che ci circonda. Stabilire relazioni sane con gli altri migliora la qualità del nostro vivere. Costruire relazioni sane non significa soltanto avere meno problemi da risolvere in famiglia al lavoro nella società, ma significa soprattutto prenderci più cura e responsabilità di noi stessi. Già antiche tradizioni, come quella essenica, greca e orientali, ci ricordano che le relazioni con i nostri simili rispecchiano quello che siamo dentro di noi: una maggiore consapevolezza dello specchio che la realtà costituisce per ognuno di noi, è un buon modo per scegliere di essere migliori, compatibilmente con le nostre potenzialità. La relazione con gli altri e la relazione con noi stessi: due facce di una stessa medaglia. Sono aspetti integrati in una stessa realtà quotidiana. Imparando ad ascoltare e accogliere l’altro, a metterci nei suoi panni, ad esprimere chi siamo veramente in ogni rapporto di amicizia, come anche solo di semplice conoscenza, ci diamo delle opportunità che neanche immaginiamo. E la vita cambia in meglio, in modo naturale, spontaneo, senza fatica. Il coaching mi è sembrato da subito un buon modo per gestire il proprio potenziale orientando le nostre forze psicofisiche verso il futuro, non senza rivalutare il proprio passato. Quando si parla di coscienza non sempre le cose sono così chiare a tutti: per questo il nostro secondo libro “Il coaching tra Scienza e Coscienza” mette la coscienza al centro dell’interesse del lettore per arrivare ad esaltare il metodo del coaching per la sua coerenza con tutti gli aspetti  che l riguardano, dai più densi ai più sottili. https://www.medicoaching.it/coaching-inside-out/E parlare di coscienza ci permette di spaziare nelle tante possibilità che il coaching può offrire , a patto di non sminuirlo in semplicismi che forse aiutano il marketing ma non sempre aiutano a far chiarezza sulle reali potenzialità del metodo. Il coaching oggi: un tema di attualità trattato a volte tra il serio e il faceto. Questo libro potrebbe non tanto convalidare slogan spicciativi, o supportare consumate metafore e ispirati aforismi, cari ad alcuni dichiarati professionisti del settore, quanto piuttosto parlare alla mente e al cuore di chi legge in modo semplice, lasciando all’intelletto all’immaginazione e all’intuito il compito di far fiorire una nuova prospettiva di chi siamo e di che cosa vogliamo.

OGNI FIORE UNA FAVOLA

Ogni fiore racconta una storia. Lo fa con i suoi impavidi colori, la sua mirabolante forma, il suo discreto profumo, il suadente tatto. La prima cosa che ti racconta è un’emozione. E quel che racconta a te è diverso da quel che racconta a un altro. Un fiore accoglie la tua reazione, qualunque essa sia e ti rimanda un augurio, una speranza, un sogno. Un fiore riflette pezzi del tuo cielo, quello dove abita la tua Anima. Attorno a un fiore nascono le favole più belle, lo sapevi? Lo guardi, lo tocchi, lo annusi ed entri nel regno dell’Incanto. E nell’Incanto i pensieri sono troppo poco e le fantasie sono un po’ troppo. L’Incanto si trova tra l’Intuito e l’Intento a cavallo di una Magia. Per far nascere una favola da un fiore bisogna mettere via la fretta e lasciarsi trasportare da un sospiro, prendere al volo l’ immagine che arriva e fare un grande “ohhh” di meraviglia. L’emozione, l’immagine, il pensiero, forse un ricordo, a volte una visione: quale storia ti racconta il tuo fiore? Certo, bisogna proprio farlo a gran voce quell’ “ohhh” di meraviglia, perché altrimenti non sei davvero nell’Incanto. Il fiore ha diverse bacchette fatate, una per le immagini, una per i pensieri e una per le idee, così ognuno ha quel che preferisce. Ogni fiore ti riconosce subito e ti rimanda quel che ti serve: può essere un ricordo, un colpo di genio, un sentimento di amore…dipende da che cosa hai chiesto. Tu non lo sai ma un fiore nasce per uno scopo preciso: esaudire i desideri umani. Per questo ogni fiore è dotato di antenne che captano quel che senti nel cuore e quel che vuoi nella mente. Registrano le tue reazioni  e le trasmettono in alto fino al Cielo e in basso dentro la Terra. Le tue azioni saranno migliori se ti consulti prima con un fiore: fallo come se fosse il tuo migliore amico, perché lo è. Un fiore non ha un tornaconto e non ti obbliga a nulla. Quella sdrucita attenzione che gli dai, un fiore te la restituisce centuplicata, come un investimento che di meglio non ce n’è. Solo una cosa ti chiede: una favola. Allora mettiti calmo e tranquillo, siediti accanto al tuo fiore e ascoltalo: l’emozione non tarda ad arrivare, sai, e da lì un’immagine dopo un’altra, come le ciliegie. Metti in fila le immagini come si fa con le vignette di una storia a fumetti. Non ci vuole tanto tempo, mai, perché i fiori ti portano nel loro universo speciale dove il tempo si misura a petali che cadono, non in anni. E in men che non si dica la tua storia è già lì, e la puoi guardare, la puoi raccontare. Una favola da un fiore: “che bizzarra idea”, stai pensando. La verità è che ci credi già, anche se fai finta di pensare: “ma è cosa da bambini”. Il fatto è che hai appena detto la parola magica. “Cose da bambini”, per l’appunto. Un fiore sa chi sei prima ancora che tu glielo spieghi: ti conosce per come sei arrivato, qui sulla stessa Terra in cui lui ha piantato le sue piccole radici. Una Terra che quando sei nato ti ha scritto subito nel suo registro e ti tiene in memoria. Per un fiore tu sei sempre un bambino anche a 90 anni ed è con quella parte di te che le sue delicate ma potenti antenne entrano in risonanza.

Allora è chiaro: la storia che costruisci attorno a un fiore è una favola per te e come ogni favola che si rispetti ha un buon finale e una morale. Parla di un percorso, a tratti anche difficile, ma che va a finire bene e che porta ad un saggio insegnamento. Una favola non è mai banale, al contrario è un modo semplice per apprendere grandi verità su se stessi. La prossima volta che incontri un fiore fermati e chiedigli se vuole stare ad ascoltare la tua storia: lui non ti dirà mai di no e a sua volta, quando ti sentirà, la sua incantata Anima Floreale lancerà in aria il suo fantastico “ohhhh” di meraviglia. E tutti, proprio tutti saranno felici e contenti.


ALLERGIA: CURE NATURALI E GROTTE DI SALE

E’ ufficialmente primavera: profumo di fiori, canti di uccellini e giornate più luminose. Ma c’è dell’altro, e per qualcuno non è una bella notizia: arriva l’ allergia. Allergia respiratoria in aumento in Italia, con un incremento del 5% in 5 anni: di allergia ai pollini soffrono circa 12 milioni di persone all’anno. L’ allergia è una reazione immunitaria geneticamente determinata. L’allergico reagisce a sostanze naturali presenti nell’aria o nei cibi producendo anticorpi speciali, detti reagine (IgE). L’incontro tra l’allergene e le reagine innesca un’infiammazione di tipo allergico con produzione di istamina e altre sostanze proinfiammatorie, tra cui le citochine. Il risultato è l’infiammazione acuta o iperacuta degli organi bersaglio, in particolare le mucose respiratorie o la pelle nei soggetti con allergie cutanee.

http://www.repubblica.it/static/interattivi/salute/2015/allergie/index.html

Il sogno di ogni allergico è di godersi una bella scampagnata senza starnuti, lacrimazioni, fotofobia, asma e pruriti: come rimediare alle allergie e godersi solo i vantaggi della primavera?

La prima cosa da fare sembra proprio la più semplice. Una ricerca della Mayo Clinic americana conclude che una soluzione salina sia la cosa migliore per combattere prurito nasale e starnuti.

http://www.quotidianodiragusa.it/2018/04/04/salute-e-benessere/allergie-rimedi-naturali-acqua-sale-quercetina/36207

Una preparazione casalinga con una tazza di acqua tiepida e una punta di cucchiaino di sale marino integrale può essere usata per detergere le fosse nasali 2 volte al giorno.  Ti sembra troppo semplice? Lo è, ed è altrettanto efficace per eliminare o ridurre la carica allergenica, che si annida nelle mucose, e asciugare la componente secretiva (il muco). L’allergia comporta un aumento delle secrezioni mucose nel tentativo di ostacolare la penetrazione degli allergeni particolati di maggiori dimensioni: alcuni sintomi più che fastidiosi sono dovuti all’accumulo di muco che può diventare ostruente ai fini di una corretta respirazione. Inoltre il movimento delle ciglia vibratili in corso di infiammazione è rallentato e il muco intasa le vie respiratorie alte senza essere efficace.

Aerosol? Si, ma prima di passare a mucolitici e cortisonici il medico può consigliare soluzioni saline o ancor meglio farmaci omotossicologici in fiala che non hanno effetti collaterali. Nella mia esperienza di medico omotossicologo questi farmaci di derivazione naturale sono più efficaci se utilizzati in cocktail (ad esempio in caso di infiammazione allergica delle alte vie respiratorie: Lymphomyosot/Mucosa compositum/Euphorbium compositum).

Un modo nuovo e molto più rilassante per fare un aerosol salino è l’HALOTERAPIA, la cura del sale in grotta. Non è come andare al mare (ovviamente) ma apporta autentici benefici sia nella prevenzione dell’allergia che nella sua cura. L’haloterapia si svolge in un ambiente specialmente allestito per respirare particelle micronizzate di sale. Il cloruro di sodio ha proprietà salutari per le mucose respiratorie, come alcuni studi hanno dimostrato. to personalmente seguendo piccoli pazienti allergici nelle loro sedute di haloterapia in presidio medico e ho potuto finora constatare che gli effetti riscontrati sono principalmente 1- riduzione del muco 2- riduzione della tosse 3-riduzione degli episodi infiammatori e allergici delle alte vie respiratorie.

Ritengo che l’haloterapia sia da integrare nelle cure non farmacologiche dell’allergia, al pari delle cure termali che sfruttano le caratteristiche delle diverse acque terapeutiche. L’associazione tra cure mediche omotossicologiche e haloterapia è una strategia vincente e per quel che mi riguarda una scelta oculata e responsabile, altamente rispettosa nei confronti del nostro organismo. Occorre sottolineare che oggi abbiamo sempre più bisogno di essere drenati, depurati, detossinati dai tanti agenti aggressivi presenti in farmaci, cibi, ambienti e sostanze voluttuarie.

Se sei allergico prova a seguire questi semplici consigli:

  • Bevi 2 litri di acqua al giorno
  • Scegli acqua alcalina con ph superiore a 7 (in commercio ce ne sono diverse ad esempio San Bernardo, Alpi Cozie, Norda)
  • Assumi the verde che contiene epigallocatechina gallato (EGCG), ad azione antiossidante, antistaminica e regolatrice sull’immunità IgE-mediata
  • Mangia cibi contenenti quercetina, un flavonoide antiossidante ad effetto antiallergico che migliora anche la funzione polmonare. La trovi nelle mele e nelle cipolle, nei frutti di bosco, cavoli, frutta a guscio (a meno che tu non sia allergico a noci e noccioline) e nel the verde e bianco
  • Mangia cibi contenti bromelina, sostanza ad azione antinfiammatoria che trovi ad esempio nell’ananas

Come sempre se hai domande scrivimi. Segui sul mio profilo FB l’iniziativa del percorso guidato nella grotta del sale.

https://www.facebook.com/ilgiardinodisalebologna/photos/a.618128308309068.1073741829.603433206445245/1523647534423803/?type=3&theater

     

Le parole sono come le farfalle

Le parole sono come le farfalle: volano via dalla bocca di chi le dice appena nascono e si addormentano per sempre  sul cuore di chi le ascolta. Le parole sono come i passi saltellanti di un passerotto sulla neve: guizzano leggere e discrete senza lasciare impronte sul manto immacolato. Le parole sono come i soffi dell’anima: sussurri o grida che siano, li senti comunque e dovunque. Parla al tuo bambino con le parole leggere dai toni soffusi che sanno usare gli angeli. Scegli le parole dolci, che zuccherano il cuore e le parole magiche, che nutrono la mente. Ciò che dici, pensalo prima, mettendoti nei panni della versione migliore di Te stesso. Senti la musica che c’è tra le parole e aggiusta la tua melodia perchè sia un capolavoro ogni volta che parli. Investi le tue energie nel tempo di una frase, adattando il tuo passo alle sue salite e alle sue discese:  una frase è una strada tracciata tra te e tuo figlio. Sii ispirato come un budda mentre parli, così la saggezza sarà “all inclusive” nel tuo discorso. Stai zitto se non trovi l’attimo perfetto per parlare, aspetta fiducioso che il tuo cuore e la tua mente si abbraccino. Le parole amano l’aria e non temono le distanze: ogni bambino le può sentire, se ti presta attenzione come tu fossi un supereroe Le parole sono potenti: possono aprire tutte le porte dell’universo e i bambini poi le usano come chiavi per scoprire questo Mondo Fai il bravo: ama le parole come ami i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti. Tutto ciò ti sembra difficile? Ma, vedi, non sto dicendo che tutto ciò lo debba fare tu, mamma e papà, che sei già grande! Lo farà quel Bambino che è in te. Quello che non sa sbagliare.   dedicato a tutti i bambini che sono in Ascolto  e anche a me, una bambina che ha ascoltato tanto, troppo

CERVICALE? NON PERDERE LA TESTA

“Questa è la stagione della cervicale”- dicono, preoccupati, in molti. Marzo e aprile: aspettiamoci il risveglio di muscoli e articolazioni all’insegna della ripresa dal letargo invernale. Le variazioni climatiche primaverili si fanno sentire e in tanti  lamentano sintomi legati alle tensioni muscolari tipiche di questo periodo. Sono il segnale dell’adattamento del nostro corpo alla nuova stagione. Le tensioni muscolari del collo sono causa del dolore cervicale, che si accompagna a limitazione dei movimenti e a sintomi neurovegetativi, come vertigini, ronzii auricolari e nausea. La definizione clinica è “sindrome cervicale“: si tratta di una condizione patologica dove sono presenti più sintomi, che concorrono a comporre un quadro clinico preciso. Non mancano le ripercussioni sul lavoro: la “cervicale” è ai primi posti tra le malattie che costringono ad assentarsi dal lavoro. Non mancano neppure le ripercussioni sul tono dell’umore con aumento della rabbia, della depressione, dell’instabilità. Insonnia e inappetenza possono essere presenti, insieme ad una perdita di regolarità nelle funzioni fisiologiche. La “cervicale” è senza dubbio anche una delle malattie per cui si ricorre spesso ad analgesici e antinfiammatori, farmaci che vanno presi con cautela e che a volte possono aggravare sintomi gastrointestinali, come bruciori, dolori, diarree e innescare un circuito di dipendenze, soprattutto nelle persone che ricorrono troppo facilmente al “fai da te”.

Come curo la mia cervicale, dottoressa? Non posso assumere farmaci perché sono allergico, come me la cavo con i dolori da cervicale? Fare i messaggi è sufficiente per curare la cervicale, doc? Le chiamo “le domande della primavera” e sono quelle più frequenti, che rispecchiano, e mi fa piacere, un’attenzione delle persone sempre più urgente alle alternative terapeutiche rispetto a protocolli farmacologici troppo spiccioli.

Fai l’agopuntura! È la risposta più frequente. Va bene per chi è allergico e non può prendere farmaci, va bene per chi sta facendo cure disintossicanti e non vuole appesantirsi, va bene anche per chi è un po’ scettico verso le opzioni naturali perché l’agopuntura è ormai scientificamente accettata. E va bene anche per chi è pauroso, perchè la tecnica, una volta che l’hai provata, si dimostra solo minimamente invasiva.

Risultati: dopo 4-5 sedute di agopuntura stai bene. Premessa: quando vieni a fare l’agopuntura ti spiego come devi mangiare, come devi regolare i tuoi ritmi, che tipo di movimento puoi fare, e tante altre cose che devi sapere, perché la cervicale è un sintomo disfunzionale e indica la perdita di un’armonia dell’organismo su più  livelli.

Cervicale: non solo una questione di primavera, insomma ma anche di uno stile di vita disordinato o eccessivo o inadeguato alla tue esigenze. Lo stress , l’intolleranza alimentare, gli squilibri posturali vanno di pari passo con i dolori cervicali in tante situazioni.

Non dimenticare mai che visita medica e accertamenti diagnostici non sono un di più ma sono necessari, soprattutto quando i mal di testa persistono oltre il limite stagionale o si aggravano nonostante le cure di fisioterapia o si ripresentano con troppa frequenza.

Agopuntura, correzione delle intolleranze alimentari e riequilibrio posturale sono la prescrizione migliore per i mal di testa da cervicale. Questa triade terapeutica dà risultati ottimi e permette ai pazienti di prendersi cura di sé, di capire come possono migliorare il proprio stile di vita e quindi avere un ruolo responsabile nella propria salute. Faccio parte di quei medici che hanno a cuore i propri pazienti: nelle mie visite passo molta parte del tempo ad aiutare le persone a capirsi ed amarsi. In molti hanno compreso che il mal di testa è innanzitutto un’occasione per …non perdere la testa davanti al peso della vita!