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Baby bulli: attenzione alle etichette!

Baby bulli: quando è proprio vero che un bambino è un “bullo”? Il fenomeno del bullismo si registra in età sempre più precoce e individuarne da subito le radici è indiscutibilmente fondamentale. http://www.adolescienza.it/bullismo-e-cyberbullismo/vittime-di-bullismo-gia-a-6-anni-quali-sono-i-segnali-da-non-sottovalutare/ Sono sempre di più le consulenze mediche che faccio per sospetto “bullismo infantile”. Bambini iperattivi, impossibili, incontenibili, che tracimano ansia e paura, permalosi, egoisti, rancorosi, perfino calcolatori: soggetti difficili, certo, ma non per questo baby bulli tout court. Il buon senso vuole che prima di dare del bullo ad un bambino ci si pensi bene, perché a capovolgere la medaglia si fa davvero molto presto! N.è un bambino affettuoso, impetuoso, generoso. Lo faccio sedere accanto a me e insieme ragioniamo della sua “agitazione”, come lui definisce ciò che i grandi chiamano in altri modi, per lo più utilizzando il suffisso “iper”. Lui ha 10 anni e mi racconta che il papà e la mamma sono molto preoccupati e da un po’ di tempo lo portano in giro a incontrare i dottori: pensa che sia per via di quello che dicono di lui a scuola, cioè che è un bimbo “cattivo”. Ragiono alla stessa maniera anche con A. , 6 anni, riservato, puntiglioso, ordinato. “Che cosa ti piace di più?”, gli chiedo interessata. “Andare a scuola, ma non adesso”, dice diventando un po’ cupo. Perché, mi spiega sottovoce, gli altri bambini dicono che è un prepotente e non lo prendono più a giocare con loro. Mamma e papà di A. sono imbarazzati: confessano di sentirsi in colpa, senza capire che cosa hanno fatto di così tremendo per avere un figlio “bullo”. Baby bulli o bimbi con disagio relazionale? Che cosa c’è dietro? Ci sono “le cose dei grandi”, come dice L. di 7 anni che racconta di una mamma “che ha sempre da fare, ma mai con me”. Ci sono “le cose della scuola”, dove secondo R. di 8 anni “ti fanno stare seduto anche se mi scappa di correre”. Ci sono “le cose degli altri bambini”, che mettono da parte B. di 5 anni  perché si arrabbia e tira le gomme addosso alla sua amica quando le ruba i pennarelli nuovi. Chi è il bullo e quando, chi la vittima e quando? A volte i ruoli si confondono, si invertono, si intrecciano. Una cosa è certa: i bambini vanno aiutati, dall’una parte e dall’altra, e noi grandi dobbiamo essere molto preparati a farlo. Io parto dall’ascolto: so che non ho a che fare con  piccoli uomini e piccole donne, così non posso applicare all’infanzia gli stessi schemi che valgono per i grandi, prenderei fischi per fiaschi. Possiamo tutti quanti dimostrare consapevolezza e responsabilità adottando atteggiamenti e comportamenti adeguati: vorrei che nessuno parlasse di “baby bulli” alla leggera e che tutti ci pensassimo bene, prima di incollare addosso ai piccoli delle etichette che difficilmente poi si tolgono. Possiamo cominciare, noi grandi, a modificare i nostri comportamenti,  quelli a cui i bambini assistono e che tendono a ricalcare. Non è solo una responsabilità dei genitori, ma di tutta la società adulta. Possiamo sperimentare schemi relazionali nuovi, che i piccoli possano a loro volta adottare; basta essere più semplici e spontanei, più fiduciosi e più gioiosi, più curiosi e più disponibili. Possiamo assumere ottiche più lungimiranti: basta dare un po’ di spazio ai nostri sogni e magari condividerli con i più piccoli. Possiamo anche prendere i nostri pregiudizi e metterli da parte, in un angolo dove non costituiscano un limite. Uno spunto che può tornare utile: quanti sanno che le reazioni di un bambino sono in stretto rapporto alla sua costituzione? I medici pediatri lo sanno: qualcuno è portato per natura a reagire in modo esuberante e persino provocatorio, qualcun altro tende ad assorbire certe dinamiche relazionali interiorizzandole. Saltare subito alla conclusione che quel bimbo è un bullo solo perché ha una propensione assertiva non è corretto: sono altre le indicazioni per la definizione del profilo di bullo. Consiglio i genitori di ascoltare non solo il qualificato parere della scuola e dello psicologo, ma anche quello del medico, a partire dal proprio medico di fiducia: atteggiamenti di aggressività, insofferenza, intolleranza, prepotenza sono la spia di un disagio di interesse clinico più spesso di quanto non si creda. Intolleranze alimentari, vizi nutrizionali, allergie, deficit vitaminico-minerali, malattie croniche, disordini endocrino-metabolici-immunologici hanno una forte ripercussione sui comportamenti infantili e non dimentichiamo mai che il bambino sta mettendo alla prova se stesso nella relazione con gli altri. Bambini come N. e come A. e come tanti altri che ho assistito oggi stanno bene e nessuno più li chiama bulli, perché non lo sono mai stati. Le loro famiglie respirano e con giusta soddisfazione: li ringrazio per avere avuto fiducia nella loro pediatra. Qualche bambino che in passato era stato additato come bullo ( ma che bullo non era) è diventato grande, bravi giovani brave ragazze. E mi viene in mente Al, un bimbo che tanto tempo fa era stato considerato un bullo perché angheriava una bimba che stava sempre zitta: quella bimba ero io. Un giorno il papà di Al, d’accordo con il mio, si presentò alla porta di casa mia e tirando Al per le orecchie (letteralmente) gli impose di chiedermi scusa. Lui lo fece, diventando tutto rosso, ma prima di andarsene si girò e mi disse che mi aveva trattato male perché mi voleva tanto bene. Terza elementare, nessuno gli ha creduto. Più tardi pensando ad Al non avevo dubbi: era senz’altro diventato un malavitoso! In effetti seppi che Al era diventato Don Al, ma il suffisso non indicava l’appartenenza alla mala, bensì una vocazione ben diversa: quella sacerdotale. Quanto a me, la vittima, posso garantire che il tempo della timidezza passò ben presto. Il vostro medico vi può dire se certi comportamenti di vostro figlio possano essere ricondotti a qualcosa che non c’entra niente con il bullismo. E’ un beneficio del dubbio, che dobbiamo ai nostri bambini. In fin dei conti noi lasceremo il mondo a loro e come lo troveranno dipende anche da come noi adulti abbiamo operato, cercando di fare del nostro meglio.

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