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Genitori: tutti bravi con il coaching!

Allarme rosso in famiglia?

Genitori, quante volte nella vostra mente si è acceso l’ allarme rosso quando si tratta della gestione dei bambini?

Da quando siete diventati una famiglia, avete realizzato che quello del genitore è un lavoro vero e proprio, che richiede un livello costante di energia e attenzione. Su quali risorse state contando? Da dove le traete e soprattutto, secondo voi quanto dureranno?

A prescindere dal perché lo siate diventati (ci avete mai pensato?), adesso in quanto genitori vi prendete cura di vostro figlio, il che  significa che siete tenuti a:

  1. Ascoltare i suoi bisogni (osservazione)
  2. Comprendere i suoi segnali  (interpretazione)
  3. Soddisfare le sue esigenze (esecuzione)

Quanto siete bravi in queste 3 funzioni genitoriali di base? Che voto vi date?

Se vi ritenete insufficienti in almeno 2 di questi punti, allora è il momento di far scattare l’allarme rosso.

Siamo bravi genitori?

Nessun pediatra dubita (tanto meno io) che in quanto genitori state toccando con mano quanta competenza richieda il vostro ruolo. Per quel che mi risulta, ben pochi genitori si autoproclamano “bravi”.

A far la mamma o il papà ci vuole una buona dose di impegno. Non si tratta solo di metterci la testa, ma anche il cuore. Ci vuole anche una buona dose di intento. Se ci fosse un corso di laurea per genitori, sarebbe sovraffollato tutto l’anno. Invece il titolo di bravo genitore te lo dà la vita (senza però mai certificarti).

Accordare tra loro logica e sentimenti vedrete che non è poi così facile. Ci vuole un saldo equilibrio personale. E ci mettiamo anche una sana armonia di coppia. A proposito, quali segnali state raccogliendo dal partner a conferma che il vostro menage sta andando a gonfie vele?

Voglio dar voce alle mamme e ai papà che si rivolgono a me chiedendo aiuto: “Quanto è dura essere bravi genitori! Chi ci dice cosa dobbiamo fare? Ci può dare una mano?”

Aiuto!

Diventare genitori fa crescere. Si tratta di un’opportunità senza pari per essere più responsabili e più consapevoli, insomma più adulti. Adesso che siete grandi, pensate di poter fare meglio dei vostri stessi genitori? Che cosa ve lo fa credere?

Se vi capita di avere dei dubbi da non dormirci, o di essere talmente stanchi da buttare i panni puliti al posto della spazzatura, oppure di essere tanto irritabili da farvi il vuoto attorno, benvenuti nello stravagante pianeta dei mammapapà. È uno spazio-tempo ameno, dove anche le persone più sicure di sé si ritrovano impantanati nella palude delle domande senza risposta.

Tranquilli, è tutto più che normale. Diventa fondamentale a questo punto riconoscere i vostri bisogni. Ecco una hit parade dei bisogni (irrisolti) dei genitori:

  • sonno
  • pasti regolari
  • tempo per sè
  • privacy
  • attenzioni dal partner
  • silenzio
  • ambienti diversi

Quanti di questi elementi vi manca? Se volete, questo è il momento di gridare “aiuto”.

3 verità per rompere gli schemi

“La verità vi renderà liberi”, lo ha detto un grande Maestro. Allora fatevi illuminare da queste 3 verità:

  • Verità numero 1: nessuno è nato genitore
  • Verità numero 2: qualsiasi genitore è stato prima figlio
  • Verità numero 3: se sei genitore è perché hai un partner (che a sua volta non è genitore dalla nascita, anzi è ancora probabilmente molto figlia /figlio)

Avete già capito che il ruolo di genitore si materializza bruscamente nella vita di un umano assolutamente impreparato. E questo vale per tutti, vostro marito / moglie compreso/a.

Vi do questa notizia: in quanto genitore siete entrati di diritto nell’ Ordine degli Adulti. D’ora in poi l’ IO adulto con i suoi schemi mentali, i modelli di riferimento, i valori morali, conterrà l’ IO bambino. Peccato, ti dicono nonni e consuoceri, d’ora in poi ti toccheranno fatiche e sacrifici! Sì, questo è ciò che si tramanda tra adulti. Vi avviso: è una trappola! La verità è che il vostro IO bambino è potentissimo, verrà fuori inaspettato e vi farà un gran bene (anche a vostro figlio). Consiglio: lasciatelo fare.

Comunque , se volete, questo è il momento di rompere i soliti schemi

Stop agli influencers

Spesso faccio fare questo esercizio ai genitori che vengono ai miei seminari o in consulenza privata. Volete provare?

esercizio: fatti più in là!

Immaginatevi al centro di un fitto intreccio di relazioni. Le persone del vostro entourage le potete collocare a una certa distanza da voi. Quanto più vi influenzano nella vita quotidiana, tanto più vicine le collocate. Quanti sono?

Di solito sono tanti quelli che vi danno un parere, vi suggeriscono, vi consigliano per il vostro bene. Come vi apparirà chiaro dalla schema che ricavate dall’ esercizio, ci sono relazioni più influenti (e quindi più vicine) e altre meno. Ciò non dipende tanto dal grado di parentela, quanto dal credito che date a quella persona. Adesso fate un passo avanti: spostate più lontano le relazioni che vi sembrano troppo vicine. Come vi fa sentire prendere un po’ di distanza?

E’ il momento di dare lo stop agli influencers, non credete?

No, grazie!

Sui genitori grava una moltitudine di influencers, dai nonni agli amici intimi, al collega in ufficio. Se accettare un consiglio è una prova di apertura mentale e disponibilità, diventarne succube è spesso il segno di una condizione di stress importante.

Vi do un consiglio (per l’appunto) : quando siete stanchi non abboccate alla lenza degli influencers! Basta dire “No, grazie”. Lo stress e la debilitazione psicofisica sono momenti di massima permeabilità alle influenze esterne.

è il momento di imparare a dire di no: se non sapete come fare potete guardare in religioso silenzio come fa vostro figlio (che grazie ai suoi no capisce ogni giorno di più chi è lui e chi siete voi!)

5 strategie per “bravi genitori”

In sostanza ecco le 5 chiavi di volta per la performance genitoriale:

  1. l’allarme rosso è la spia della vostra crisi: mantenete alta l’attenzione
  2. gridate aiuto per allertare il vostro ambiente e farvi dare una mano
  3. siate più flessibili e uscite dalla rigidità di ruolo
  4. fermate gli influencer invadenti per affermare la vostra autonomia
  5. allenatevi a dire (anche) di no

E’ più facile a farsi che a dirsi!

Come pediatra da molti anni aiuto i genitori a gestire bene la vita dei figli, a custodire la loro salute e a orientare la loro crescita nel verso giusto. Ma non sarei efficace al 100% se non mi prendessi cura anche di voi, mamma e papà. Sapete perché?

Perché voi genitori siete il nutriente principale del vostro bambino. Quindi quanto e’ importante che voi offriate il meglio di voi stessi?

Come è provato scientificamente, le relazione parentali sono le fondamenta della salute e dell’integrità psicofisica dei giovani. Per me è compito del pediatra occuparsi anche dei genitori e aiutarli con competenze specifiche.

Perciò mi occupo della performance genitoriale sia gestendo gruppi di lavoro sia in sessioni individuali o di coppie parentali. http://dottsilviacalzolari.it/metodo-piu-che-mamma/

I feedback delle mamme e  dei papà sono davvero gratificanti: relazioni famigliari risanate, crisi di coppia risolte, performance lavorative migliorate a fronte di una maggiore serenità personale. Il vantaggio più grande si registra proprio sulla salute psicofisica di tutto il nucleo famigliare, in particolare dei bambini.

Vale la pena saperne di più, vero? Puoi farlo: contattami e conosciamoci presso la nuova location di Bologna San Lazzaro a Villa Medipro, il mio nuovo centro medico di riferimento. Ti aspetto con gioia.


Coaching sanitario: Plus Valore per i medici

professione coach

Il coaching offre una metodologia efficace per realizzare obiettivi. Utile a tutti, e in tutti gli ambiti. Anche perchè vale per singoli individui come anche per i team di lavoro,organizzazioni, aziende, squadre. Il tratto originale del coaching è che l’obiettivo è scelto proprio da chi lo vuole realizzare. Interessante, vero? La professione del coach è dedicata proprio ad aiutare le persone a capire che cosa vogliono veramente, con tutti gli annessi e connessi. Il che significa che prima di partire di gran carriera all’arrembaggio dei propri desideri, si può essere sicuri che ne valga la pena. Già, il coaching ti insegna anche questo: che tra il dire e il fare c’è di mezzo l’impegno consapevole e perseverante di chi fa sul serio./www.medicoaching.it/tg2-costume-societa/

il super-desiderio di tutti?

Alla via così, alla conquista di nuovi mondi: con il coaching insomma abbiamo una marcia in più per realizzare i nostri desideri (in chiave di consapevolezza e realismo, ben si intende). Ma qual’è, mi chiedo, il desiderio di tutti? Presto detto: stare bene. La gente ben sa che solo così’ si può continuare a realizzare tutti gli altri desideri. Il benessere è il super-desiderio; la salute, in poche parole, è ambita da tutti.

coaching medico

Penso che il coaching sarà sempre più richiesto in ambito sanitario. il coaching sanitario: i primi a volerlo imparare potrebbero essere proprio i medici. Lo scopo? Favorire la salute pubblica, così come previsto dalla OMS, che indica il benessere come un diritto di tutti. Non mi viene in mente nessuno che meglio di un medico si possa adoperare per far star bene le persone. In tutti i sensi: fisico, psichico e sociale. Esagero e avanzo l’ipotesi che il coaching sanitario possa favorire il ritorno di una filosofia umanitaria “entangled” con lo spirito ippocratico e galenico degli albori professionali, quando l’interesse del medico verso il malato superava quello verso il malanno. Il coaching sanitario, mi auguro, potrebbe centrare molto nella visione di un futuro desiderato, in cui medicina e umanesimo corrano paralleli. !http://www.move-europe.it/Salute.htm

tu lo conosci il coaching?

Il punto è: quanto ne sa un medico del coaching? Anche io, che sono medico da più di trent’anni, non lo conoscevo per niente. Sentendone parlare, mi sono immaginata che il coach fosse una specie di allenatore, il che non mi interessava affatto dal punto di vista professionale. Ringrazio la mia curiosità per avermi buttato nell’impresa di volermi formare come coach. Oggi mi chiedo: che cosa può motivare un professionista sanitario a scegliere il coaching (oltre ad una sana curiosità)?

vieni a scuola di coaching?

Attualmente ne so abbastanza su quali sono i punti forti del metodo che possono interessare un professionista sanitario. Perché ho applicato il coaching nella mia professione con i miei pazienti e i loro parenti. E dato che oggi insegno agli altri il metodo del coaching in una scuola di formazione specificamente dedicata, il mio sogno è che sempre più medici diventino coach. Questo sogno lo trasfomerò in obiettivo, tanto so come si fa, dato che il coaching mi ha messo in grado di creare nuove realtà credibili e resistenti. Vuoi farlo anche tu?https://www.medicoaching.it/corso/corso-professione-coach-2019-bologna-2/

5 Plus Valore per i medici coach

Prima di decidere se il coaching fa per te ti voglio spiegare alcune cose che vale sapere. Parto dai 5 punti che interessano tutti, ma proprio tutti coloro che lavorano nella sanità. Te li riassumo in una tabella più che utile per verificare un tuo interesse. Forse qualcuno se non più di uno di questi punti intercettano un tuo bisogno personale o professionale di rivedere ciò che stai facendo in modo da migliorare il tuo grado di soddisfazione.

plus valore 1rinnovare la tua professione
plus valore 2rivalutare la relazione medico-paziente
plus valore 3creare una cultura del benesere nei pazienti
plus valore 4responsabilizzare i pazienti nella gestione dei piani terapeutici
plus valore 5ottimizzare il lavoro del team

sei pronto per la sfida professionale?

I 5 punti in elenco rappresentano altrettante sfide professionali che da tempo probabilmente hai in mente di accogliere. Ogni medico “sente” la sua professione come una missione, e riesce a vederne le implicazioni umanitarie, oltre che scientifiche. Spero che questa sia un’occasione da cogliere per confrontarci con noi stessi, scoprendo che prima di tutto “MEDICE, CURA TE IPSUM”. Partiamo da noi, dunque?


METODO “PIU’CHEMAMMA”

PIU’CHEMAMMA è un metodo per sviluppare competenze specifiche relative al ruolo materno grazie alle tecniche integrate di coaching.

Dedicato alla mamme

Nato dall’accoglienza dei bisogni delle mamme moderne, PIU’CHEMAMMA è un metodo formativo a loro dedicato, che si sviluppa nel flow di ascolto dei loro desideri. Il corso si articola in 5 workshop formativi + 1 seminario informativo. Il metodo integra le tecniche di coaching nell’ambito della cura professionale della mamma e del bambino. Con le sue 5 competenze originali, il metodo PIU’CHEMAMMA ha l’obiettivo di potenziare i diversi ruoli della donna nell’ ambito famigliare, lavorativo, relazionale, ecc.  esaltando la consapevolezza della Maternità. Tutte le mamme hanno una missione, quella di accudire i propri figli, ispirandosi alla visione di dare loro un mondo migliore: PIU’CHEMAMMA si rivolge ad ognuna di esse, perché possa realizzare i suoi sogni e i sogni dei propri figli in modo concreto nella vita quotidiana.

Ti senti “abbastanza mamma”?

Che domanda curiosa! Una domanda che entra nel profondo Femminino e va ad accendere emozioni, ricordi, pensieri. Dubbi, anche. Confusione, a volte. Crisi, per qualcuna. Una domanda che va alla ricerca di un Valore. Quanto vali, Mamma? “Certo, per la quantità di cose che faccio, non c’è prezzo”, dici. Ci pensi e ci ripensi e scopri che non è una questione di quantità, ma di Qualità. Perché quel che fai, mamma, lo fai sempre al meglio, senza risparmiarti, senza lamentarti, senza sentire la fatica, senza chiedere niente in cambio. A volte perfino senza sentirti dire grazie, spesso senza ricevere complimenti, quasi sempre come se fosse tutto dovuto. E’ così anche per te?

Maternità, stato divino

La maternità non è un momento della vita, ma una condizione immanente che genera uno stato dell’essere trascendente. È una Qualità della Persona, e anche una Qualità dell’Anima. C’è un che di divino in ogni Mamma, insomma. Quando diventi mamma, la novità non è soltanto che da adesso in poi avrai un piccolo essere  da accudire: avrai anche una nuova te stessa da conoscere e da valorizzare.  Si dice che non c’è niente di più naturale che fare la mamma: davvero? Se le mamme potessero seguire il corso della Natura, come fanno le femmine di altre specie animali, ciò sarebbe assolutamente vero. Ma per le Mamme Umane la Natura è come un fiume che devia artificialmente in diversi punti. Le deviazioni del corso naturale di una maternità si chiamano “influenze” e vengono sistemate lungo il tragitto da famigliari, datori di lavoro, colleghi, amici, educatori, insegnanti, e perfino dottori: cultura e società fanno il resto.

Le competenze di una Mamma

Il ruolo materno è per natura saldo, forte, resiliente. E’ sostenuto in fisiologia da un’abile macchina biologica perfettamente settata sulla cura del bambino. I tempi della maternità e le tappe evolutive del bambino sono ben sincronizzati tra loro, in modo che la madre possa sempre essere all’altezza della sua funzione di nutrice e di caregiver (dispensatrice di cura) sia dal lato fisico che da quello psichico. Il principio vitale domina la relazione madre-bambino, come già evidenziato dal poeta
“i figli non sono i nostri figli ma sono i figli della vita che anela a se stessa” (Gibran).
Tutto questo ci dice una cosa sola: che una Mamma ha già in sé le competenze naturali per svolgere abilmente il suo ruolo.

PIU’CHEMAMMA per Mamme Più

Si può essere Mamme più, Mogli Più, Manager Più (e un sacco di altre M Più) senza rinunciare proprio a nulla! Anzi, ringraziando tutti i giorni di essere Mamme e quindi più forti e più potenti in ogni ambito. Nessuno deve temere nulla dallo stato di maternità di una donna, tanto meno le donne stesse. Una mamma è equipaggiata a puntino per sostenere il proprio figlio e se stessa. Che ne è degli atri ruoli, quello di moglie, di manager e anche di Miss (dato che una certa avvenenza è pur sempre richiesta)? Come fare per reggerli tutti e bene? Tranquille: La maternità non toglie nulla, anzi potenzia qualsiasi funzione in qualsiasi ambito. PIU’CHEMAMMA ti insegna proprio come fare (e a farlo senza fatica)

Bello! Però…

Ecco ci siamo: i tuoi MA, PERÒ, SE, PURTROPPO…”Che una mamma sia un essere super ci sta”, stai pensando, “Però da qui a poter fare tutto al meglio in qualsiasi campo ce ne passa”, dici! Già: che cosa ti manca per crederci fino in fondo? Vediamoli i fattori che secondo le mamme sono di ostacolo alla loro piena realizzazione:
  • troppo poco tempo
  • l’incompetenza
  • la scarsa cura di sé
  • i doveri pressanti
  • le influenze di chi ascoltiamoi
  • la sfiducia nelle proprie qualità
  • l’educazione dei limiti
  • l’umore ballerino
  • l’energia altalenante
  • i ricatti morali
  • il pessimismo sul mondo
  • il falso idolo della rinuncia

Stop ai dubbi con il metodo PIU’CHEMAMMA

Quale di questi ostacoli è per te il più significativo? Ne hai più di uno? il tuo bambino potrebbe crescere all’ombra di ciascuno di essi. Ti hanno insegnato che ogni cosa ha il suo limite? Beh, se non scardini questa convinzione o la confermi consapevolmente finirai per trasferirla passivamente a tuo figlio (così un giorno potrai dire a ragion  veduta “quanto mi somiglia”!). Oppure sei cresciuta con il falso idolo che la fatica nobilita o che accontentarsi è da persone con i piedi per terra? Offrirai a tuo figlio i tuoi stessi idoli? con il metodo PIU’CHEMAMMA impari ad ascoltarti. Fermati davanti ai tuoi MA, PERO’, PURTROPPO e verifica se è proprio ciò che pensi: troverai che più spesso si tratta di roba altrui..

come funziona PIU’CHEMAMMA?

nel prossimo articolo ti spiegherò come funziona il metodo e come si svolgono i nostri incontri formativi. Seguimi anche sulla pagina FB PIU’CHEMAMMA.https://www.facebook.com/lecompetenzediunamamma/ Se desideri documentarti sul Coaching ti rimando ad una bibliografia consigliata dalla scuola di formazione professionale Medicoaching  https://www.medicoaching.it/pubblicazioni/ , nonchè al mio blog personale http://dottsilviacalzolari.it/coaching-scienza-coscienza/

COMPETENZA RELAZIONALE

HAI UNA BUONA COMPETENZA RELAZIONALE?

Cioè riesci a creare relazioni soddisfacenti, serene e autentiche? Stare insieme, è questo il nocciolo della competenza relazionale: gli uomini lo fanno da milioni di anni e pare proprio che ciò abbia dato i suoi frutti. Storia, arte, scienza, tecnologia, filosofia e religione sono solo alcuni dei frutti dell’albero della Relazione Umana. Il cesto che li raccoglie tutti si chiama “cultura” ed è tanto capiente da non esser mai colmo.

IL VANTAGGIO DI STARE INSIEME

Stare insieme, nel senso di aggregarsi, è vantaggioso: lo sanno anche organismi ben più semplici di noi. Lo sai che i batteri si organizzano in colonie, quando non ci sono abbastanza risorse per tutti? Da quasi quattro miliardi di anni i batteri si comportano come se avessero un “quorum sensing”, un senso del gruppo. E lo sfruttano per stare meglio. Ad esempio, quando sono nella tua gola, dove trovano un habitat ideale, si mettono insieme per formare una barriera e secernono molecole che creano un velo protettivo e resistente. “L’unione fa la forza“, si dice, e allearsi risulta vantaggioso anche nel mondo dei microbi: batteri della stessa famiglia stringono rapporti di solidarietà. E se nelle fila degli alleati c’è qualche batterio che non partecipa alle attività di famiglia, viene eliminato dal gruppo! A questo punto ti stai chiedendo se i batteri sono intelligenti, perché sembra proprio così. La scienza ci dice che i microbi obbediscono semplicemente all’ordine naturale delle cose. Essi rispondono ad una forza vitale che si chiama omeostasi. https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/06/26/lo-strano-ordine-delle-cose-descritto-da-damasioBologna15.html

STARE BENE INSIEME

Stabilire relazioni è naturale per gli esseri viventi e a stare insieme son capaci tutti. Quando si tratta di guadagnare ciascuno il suo, la cooperazione si è dimostrata nella storia planetaria una strategia conveniente. E lo è ancora. Ma Stare insieme e Starci bene non è la stessa cosa, anzi sembra a volte che si tratti di diversi ordini semantici. E’ quel termine aggiunto, “bene”, che fa la differenza tra un batterio e un uomo? Personalmente ritengo che sia proprio così. Stare bene insieme è una richiesta squisitamente umana. Ora, la questione è questa: stare bene con gli altri è naturale, come lo stare insieme, oppure lo si impara strada facendo? Nella seconda delle ipotesi è chiaro che possiamo stare sempre meglio con gli altri, a patto che acquisiamo una vera e propria competenza relazionale.

RELAZIONI LUNGO LA STRADA

Anche noi umani rispondiamo ai principi omeostatici di conservazione ed evoluzione, però siamo ben diversi dai batteri. A noi interessa stare bene e anche essere felici, mantenerci e anche rinnovarci, essere e anche diventare. Ci piace il “qui e ora” e anche l’ “ovunque in ogni tempo”. Siamo mossi da sentimenti complessi e nobili, come amore e compassione. Per empatia sentiamo e comprendiamo i sentimenti altrui, e per simpatia siamo portati a condividerli per aiutare il prossimo. Perseguiamo l’unione, la cooperazione, la reciprocità, la solidarietà anche a prescindere dal tornaconto personale. Mi piace immaginare ogni essere umano come un viandante. Nel viaggio della Vita incontriamo altri viandanti come noi. Siamo ben equipaggiati giusto per stabilire con loro una relazione vantaggiosa, come è nella nostra natura.

LA SALUTE EMOTIVA 

Le emozioni e i sentimenti ci dicono in ogni momento che tipo di relazione stiamo intrattenendo, come sta andando e soprattutto se ci sta facendo bene. Vale sia per le relazioni con gli altri sia per quelle con noi stessi. Le relazioni interpersonali hanno molto a che fare con le relazioni intrapersonali, cioè quelle con noi stessi. Se siamo bravi a stare con noi stessi, lo siamo anche a stare con gli altri. Alla base di qualsiasi società che funziona ci sono individui che funzionano per se stessi e il primo segnale di buon funzionamento è la salute emotiva. Quanto siamo equilibrati? Per poter rispondere a segno, è bene intenderci: l’equilibrio emotivo nasce da 3 fattori influenti come la consapevolezza, la responsabilità, l’autonomia. Richiede un lavoro, cioè un’applicazione costante che mira a ottimizzare le energie psicofisiche.http://dottsilviacalzolari.it/relazioni-difficili/

IMPARARE A GESTIRE LA SALUTE EMOTIVA

Imparare a gestire la nostra salute emotiva è il primo passo per sviluppare la competenza relazionale. Questa competenza ci offre 3 opportunità: potenziarci come individui, creare società sane e formare culture positive. Una persona in buona salute emotiva ha un ottimo equipaggiamento per viaggiare nel mondo delle relazioni e portarsi a casa vantaggi funzionali alla propria realizzazione. Il secondo passo è quello di sviluppare i 3 gradi della potenzialità relazionale: empatia simpatia e compassione. Che sono gradi diversi di un’unica grande funzione: la Relazione Umana. Gli esercizi non ci mancano: le occasioni per metterci alla prova  ci vengono offerte dalla strada, dal lavoro, dalla famiglia in qualsiasi momento della nostra giornata.

COMPETENZA RELAZIONALE

La competenza relazionale: prendi un’ innata qualità umana, come la propensione relazionale, la alleni, esercitandoti sul campo della vita quotidiana, finchè diventi bravo: sei diventato un competente relazionale! Stare bene insieme agli altri è una forma di maestria. Si applica anche alla competenza relazionale il concetto di ars, cioè di maestria legata all’acquisizione di una tecnica. Se sei diventato “Mastro di Relazioni”è perché hai allenato la tecnica dei 3 pilastri
  1. Frequentare
  2. Partecipare
  3. Interagire
Questa tecnica si sviluppa sul piano della consapevolezza, quindi deve essere sperimentata con intento e attenzione, che sono attributi della coscienza. Personalmente ti consiglio di mettere in conto che le relazioni sono come un investimento: ci sono rischi e benefici da valutare prima di impegnarsi. Vuoi investire in relazioni umane? È certamente un buon business. Per quello che mi riguarda penso che il business sia un fenomeno biologico e vada visto come tale. Investire in relazioni umane è a mio avviso un business conveniente: a fronte di un piccolo investimento si ha un guadagno a dir poco sbalorditivo.

COSTRUIRE UNA RETE DI OPPORTUNITA’

Atteggiamenti e comportamenti di buona qualità relazionale possono tessere una rete di opportunità più resistente di quella di un ragno. Attenzione però: la rete non regge e si spezza facilmente se il filo è debole. Ti raccomando di investire in relazione umane solo se sai di poter essere autentico, ecologico e leale verso la tua essenza più profonda. “Chi sono io?”: è una buona domanda da cui partire per poter poi tessere la tua rete relazionale con persone simili che attirerai e che ti attireranno in modo naturale secondo principi di sincronicità e coerenza. L’altro consiglio che ti do è di mirare ad un obiettivo esaltante nel costruire la tua rete relazionale, pertinente alla tua missione e alla tua visione della vita.

UNITI ALLA META

Siamo esseri sociali? Sì. Ognuno di noi potenzia l’altro. Ciò vale anche quando si considerino eventi umani negativi e nefasti in un tempo abbastanza lungo per verificare le reazioni positive emergenti a posteriori. È la storia, è la biologia, è l’Uomo la prova che “per andare nel paese di Migliore, si va tutti insieme”.

RESILIENTI: ALLENA-MENTE CON IL COACHING

Resilienti: imparare dalle difficoltà si può? Nella vita si può cadere e rialzarsi più forti di prima? Chiediamolo al nostro corpo e lui risponderà di sì. Di fatto una frattura può saldarsi talmente bene che in quel punto l’osso è più forte. Questa è la prova che siamo resilienti per natura, cioè abbiamo un’innata capacità di adattamento finalizzata a farci stare “meglio di prima”. Vuoi un altro esempio su come siamo biologicamente resilienti? Inverno, arrivano i virus, prendi l’influenza:funzioni biologiche in tilt. Allo stesso tempo lezione di immunità acquisita in atto. Dalla Crisi (emergenza, trauma, cambiamento do stato) alla Risoluzione: l’organismo usa le sue strategie per migliorarsi e l’ occasione ghiotta noi la chiamiamo “malattia”. Hai presente quando il medico ti dice di riposarti e lasciare che “le cose facciano il loro corso”? Faresti meglio a farlo: la Resilienza è all’opera http://dottsilviacalzolari.it/resilienza-la-capacita-riorganizzarsi-stare-sempre-meglio/

Resilienza, strumento per crescere

Non c’entra niente con la resistenza,  tanto meno c’entra qualcosa con il detto: “mi spezzo ma non mi piego”. Il  termine viene dall’ ingegneria, dove indica la particolare qualità dei materiali di assorbire un urto senza rompersi, per lo più deformandosi in modo plastico. Lo stesso termine si applica metaforicamente anche alla psiche umana e sta a indicare che possiamo superare qualsiasi difficoltà adottando un tipo di atteggiamento altrettanto plastico. Il mito della Fenice (l’uccello che muore ogni sera per poi risorgere all’alba successiva) è la metafora più nota della Resilienza: “rinascere dalle proprie ceneri” equivale a rinnovare la propria identità tutte le volte che “la luce del giorno si spegne” (cioè quando ci troviamo in una crisi profonda). A permetterci tutto questo è la resilienza (meglio avercene, vero?)

Quando siamo resilienti?

In generale si può dire che sei resiliente quando affronti le difficoltà come esperienze che ti fanno crescere: immagina di trovarti in un mare (di guai), come ne esci? Se ti affidi alla resilienza impari a nuotare, se fai resistenza annaspi tra le onde. Quando la vita ti prende a botte puoi schivare i colpi piegandoti alla Matrix, oppure dare ( e ricevere) pugni alla Rocky: nel primo caso non ti usuri, nel secondo sì.

Quanto siamo resilienti?

Hai un sistema per misurare la tua resilienza? La maggior parte delle persone si ritiene scarsamente resiliente: vorrebbe esserlo di più ma non sa come fare. In effetti la resilienza ha i suoi nemici nel tempo moderno, e principalmente 3:
  1. le credenze acquisite
  2. il tempo
  3. lo stress

1-credenze

Crediamo che essere dei duri ci renda forti, perciò tendiamo ad affrontare le cose con rigidità e a testa bassa come un ariete. A questa credenza corrispondono atteggiamenti e comportamenti da scalatore, con piccone e picozza a portata di zaino. La resilienza consiglia: guarda se ci sono sentieri alternativi dietro la tua visuale.

2-il tempo

E’ diventato per la maggioranza il metro della nostra efficienza, perciò tendiamo a fare tutto subito. La nostra percezione del tempo determina la fretta a-finalistica, produce atteggiamenti e comportamenti da centometrista senza traguardo con lo sguardo fisso al cronometro e al segna-passi. La resilienza consiglia: goditi il tempo, vivendolo come lo spazio di accoglienza delle tue esperienze.

3-lo stress

E’ una disfunzione, che in linea generale viviamo come una condizione di normalità, perciò tendiamo a non porre limiti ai nostri sforzi. Lo stress è responsabile delle nevrosi e genera comportamenti grotteschi, come il continuare a girare nella stessa ruota come il criceto. la resilienza consiglia: scendi dalla ruota e respira.

I nemici della resilienza ti indeboliscono

Ogni difficoltà ti appare insormontabile e sempiterna. Tu sei la vittima. La colpa è degli altri. Sei in crisi nera. Prova a raccontarti le cose come stanno (secondo te), come le vorresti (invece), come ti senti in tutto ciò (adesso). Ti avverto: il tuo racconto sarà confuso, vago, emozionale. La questione non è quanto si cade in basso ma come ci si rialza e la differenza la fa la tua resilienza. Come si diventa più resilienti? Per prima cosa impara a gestire i suoi nemici: credenze tempo e stress. Hai un sistema per allenarti? Nella mia lunga esperienza di medico e di coach il coaching è la scelta ottimale, soprattutto se combinato con tecniche strumentali computerizzate all’avanguardia nate apposta per allenare la resilienza (“resilience coaching”). Ti spiego come funziona.

Punto 1- Stai più attento e concentrato

si fa prima a dirlo che a farlo? Vero. Allora cominciamo da una cosa facile. In linea di massima respirare è  un automatismo, finché non ci pensiamo su: in quel momento viviamo l’affascinante esperienza del respiro. Sposta l’attenzione sui movimenti respiratori, sull’ampiezza e sulla frequenza degli atti, poi sulle percezioni sensazioni emozioni che hai. Ti ritroverai in breve a sentirti più rilassato. Allenandoti diventerai sempre più bravo a gestire consapevolmente la tua respirazione. Ti insegno la tecnica, anche con l’aiuto del un sistema di feedback molto semplice, così verifichi quanto e come puoi incidere sulla tua respirazione per ottimizzarla e sentirti sempre più disteso. Con un allenamento costante impari a regolare il tuo respiro e la tua frequenza cardiaca anche al di fuori delle sessioni di coaching, in particolare nei momenti critici.

Punto 2- allena le potenzialità

Su cosa puoi contare? In che cosa sei davvero bravo? Quali sono le qualità che ti hanno aiutato in passato? Ognuno di noi ne ha diverse, qualcuna le conosce bene e ne ha verificato l’efficacia, altre sa che ci sono ma non le ha ancora fatte fruttare. Quanto sei paziente? Perseverante? Usi di più la logica o l’intuito? A questo punto una bella visualizzazione ti può aiutare concretamente. Immagina di… Le tecniche di dinamica mentale sono efficaci per far emergere il potenziale e saperne di più su noi stessi, compreso chi siamo e che cosa vogliamo. Sono dinamiche perché favoriscono le funzioni creative della mente. Queste tecniche producono immagini personali, originali e significative, che attingono a contenuti emergenti dai vari distretti della psiche, dall’inconscio personale a quello collettivo, dal subconscio e dal se superiore.http://www.stateofmind.it/tag/resilienza/ Le tecniche di dinamica mentale possono essere guidate dal coach (se le conosce) allo scopo di agevolare la capacità di “vision” delle persone. Il sistema computerizzato propone visualizzazioni a scenario precostituito, scelto direttamente dalla persona. Vuoi guidare una mongolfiera in giro per il mondo? Puoi diventare bravo, allenando la consapevolezza del qui o ora, aumentando la tua empatia, gestendo le tue emozioni, rimanendo concentrato e sperimentando impegno e divertimento allo stesso tempo.

Punto 3-alza l’asticella e sfida te stesso

Le persone resilienti amano sfidarsi. Hanno fiducia in se stessi e si conoscono bene, perciò, se possono stare meglio, si impegnano per riuscirci. Le persone resilienti amano fare esperienze per crescere e le fanno fruttare. Che cosa è per te “il meglio”? Cosa te ne farai? Quanto impegno sei disposto a metterci? Il coaching esalta il te stesso sfidante. con l’aiuto del sistema computerizzato, se vuoi, alzi l’asticella della prova: puoi sempre fare un salto più alto. Con l’allenamento potrai accedere dal livello low al livello high, diventando sempre più bravo a gestire frequenza cardiaca emozioni concentrazione ecc…nelle situazioni difficili. Più resilienza: interessa a chi vuole stare bene in salute, a chi vuole realizzare obiettivi nella vita o nel lavoro, a chi ci tiene alla sua crescita personale. per tutti la resilienza diventa un punto di forza quando vogliamo vivere una vita piena e significativa. Forza, dai, apriti alle novità (che è un buon modo di sviluppare resilienza), ché ti aspetto per le sessioni di resilience coaching.  

Imprinting relazionale: il DNA non basta

Imprinting relazionale, una traccia su cui si sviluppano i nostri schemi di apprendimento. Il DNA risponde a questo imprinting definendo in base ad esso il proteoma, cioè quel corredo di proteine che non solo ci strutturano ma ci fanno anche agire, insomma creano la nostra personalità. Ma il DNA non basta! Immagina di guadare dentro al DNA con un potente microscopio . La prima cosa che vedi è una matassa che si chiama cromatina. È una specie di gomitolo di filamenti intricati stretti stretti fra loro, che si chiamano cromosomi. Se guardi attentamente, ogni cromosoma è in realtà un mosaico di tasselli messi in fila. La nostra idea di un DNA a nastro doppio intrecciato ad elica è tanto valida quanto l’idea tolemaica di una Terra piatta! I pezzi del mosaico che compongono un cromosoma si chiamano geni. Di nome e di fatto, perché i geni sono intelligenti, tanto che tra loro alcuni fungono da regolatori di altri. In qualsiasi momento tu voglia fare questo viaggio immaginario nel tuo DNA, potrai trovare gli stessi geni accesi o spenti  a seconda che siano in funzione o no. Perché i geni hanno una “mission”, cioè servono a produrre proteine. Per farlo hanno bisogno di un comando. Il comando parte quando c’è bisogno di questa o quella proteina. E dato che le proteine ci servono per “fare qualcosa” dipende tutto da che cosa dobbiamo fare. Respirare? Mangiare? Dormire? Trovare l’amore della nostra vita? Accudire ai figli? Ce l’abbiamo: una proteina può farci sopravvivere, vivere meglio o trasformare la nostra vita.

I geni, master and commander

Hai capito il meccanismo? C’è un bisogno, parte il comando, i geni  regolatori attivano i geni trascrittori (generalmente liberandoli da una sorta di blocco), i quali “scrivono” la proteina su un nastro, l’RNA. Fuori dal nucleo i ribosomi la assemblano e quando tutto è pronto la cellula la butta nel sangue, da dove raggiunge il suo bersaglio. È così che ci ritroviamo a tirare il fiato, a digerire le lasagne, a sedurre il partner, ad allattare nostro figlio.

Un esempio

Ti faccio un esempio molto semplice: immagina di essere  a digiuno da un po’, il livello di energia si sta abbassando e i parametri biochimici del sangue si modificano. Segnali per il corpo, che li interpreta come “bisogno di mangiare”. L’ipoglicemia  è un comando chiaro: “ Cari geni, è ora di accendervi e trascrivere per la proteina Dopamina!” (Sì, proprio quella del piacere). Così vai subito a cercare cibo per gratificarti. Ti alzi dal letto, fai qualche flessione, prepari la colazione. Siedi a tavola e mangi quel che ti piace. Stai bene, energia al top, sei anche contento e tutto ti sembra più facile. Buongiorno, dopamina, e grazie, cari geni! Ecco, il punto è: il DNA non basta, ci vuole l’ambiente per farlo funzionare!

DNA e proteoma, format della personalità

Tutte le nostre azioni sono frutto di questo meccanismo per cui quel che facciamo soddisfa un bisogno rilevato dal corpo. Vale per qualsiasi bisogno, anche per il più nobile e spirituale. Senza un corpo che rileva e interpreta  i nostri bisogni, non ci sono azioni. Il corpo e il DNA: che relazione intima! Il corpo comanda i geni fintanto che il circuito non si inverte e le proteine comandano il corpo. Oggi la scienza interpreta l’insieme delle proteine caratterizzanti come un corpo unico, e lo definisce proteoma. È di fatto un organismo nell’ organismo da cui dipende la nostra personalità (chi siamo) e il nostro comportamento (che cosa facciamo).https://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Medicina/2005/11_Novembre/10/proteo5.shtml

Fare o non fare: questioni di principio

Senza un bisogno non c’è azione, sembra così. Di solito agiamo e basta, senza chiederci che bisogno ne abbiamo. Riflettere sui nostri bisogni ci serve per scegliere come agire al meglio, esercitando più consapevolmente  il libero arbitrio. Siamo abitudinari, poco inclini alle novità: ci piace risparmiare energia. Allo stesso tempo agogniamo ad esplorare nuove vie: ci piace accumulare esperienze. Sia il principio conservativo che quello evoluzionistico valgono tanto oro quanto pesano! Il DNA è abituato a fare sempre le stesse cose: ognuno di noi ha la sua personalità e il proteoma ha un suo target. Sei una persona attiva intraprendente e curiosa? I tuoi geni la sanno lunga sul produrre tiroxina e testosterone. Sei pacifica e riflessiva, ti piace stare a casa e accudire alla famiglia? Il tuo DNA è affezionato agli ormoni dell’attaccamento, ossitocina melatonina serotonina.

Il DNA non basta

Hai capito che il DNA di per sé non basta: ci vuole un segnale esterno che lo metta in funzione. Possono essere segnali abituali o anche segnali nuovi, dipende dall’ambiente dove vivi. Vivi in un ambiente piatto e monotono? Il tuo proteoma  (e anche tu) rimane quello di ieri, dell’altro giorno, dell’anno scorso. Vivi in un ambiente stimolante e sfidante? Il tuo proteoma diventa più ricco e vario (e anche tu). Nel primo caso vivi, nel secondo evolvi. Scegli: è un diritto di nascita! L’occasione per cambiare il tuo proteoma ce l’hai sempre ed ogni momento è quello buono per potenziarlo. Ma c’è un’occasione imperdibile, che batte tutte le altre, tocca a tutti ed è veramente decisiva: la nascita.

Imprinting relazionale

Quando nasciamo, e finchè siamo piccoli, il proteoma ha il suo momento di massimo fulgore. È il momento magico dell’imprinting relazionale, che condizionerà la nostra personalità per tutta la vita. Nell’infanzia siamo al clou del  nostro bisogno, straordinario, di crescere. Il corpo è pronto per accogliere una marea di stimolazioni ambientali. Ai  cinque sensi specifici ancora imprecisi se ne aggiungono altri profondamente connessi con la nostra Essenza originaria. La personalità è plasmabile come una creta. È il momento esaltante in cui può nascere un’opera d’arte, se abbiamo Michelangelo dalla nostra parte. Il più delle volte il Michelangelo di turno è la mamma. Quello che può fare lei per te, nessun’ altra persona potrà mai farlo. L’imprinting relazionale, e cioè come ti rapporterai con il resto del mondo, e persino con te stesso, dipende dal contatto che si innesca con lei proprio adesso.

Una persona no stress

È il contatto umano per eccellenza. Ossitocina, attivazione del sistema THOMAS (attaccamento al caregiver mediato dall’ossitocina): oggi sei un neonato che può guardare sua madre negli occhi e trovare in lei il suo alleato leale, domani sarai una persona fiduciosa in te stesso come negli altri. Oggi rafforzi i tuoi neuroni a specchio per formare lo zoccolo duraturo delle tua empatia,  domani sarai una persona simpatica e socievole. Oggi ti nutri al seno stando a contatto con la pelle della mamma, cullato dentro una coperta di amore puro, domani potrai avvicinarti ad un estraneo sentendolo comunque un tuo pari. Oggi l’abbraccio materno ti gratifica e dormi sonni tranquilli, domani sarai adattabile e resiliente, una persona no stress. L’imprintig relazionale: come è andata a te? Se fosse andata diversamente oggi come saresti? http://dottsilviacalzolari.it/carezza-crescere-bene/

Si può rinnovare l’imprinting relazionale?

Comunque sia andato il tuo imprinting alla nascita, il bello è che puoi ri-nascere in una specie di “magic day” che può essere anche Oggi. Ti do questo spunto: prenditi un giorno di ri-nascita ogni tanto. Fai come se non avessi mai visto l’alba. O come se non avessi mai mangiato una mela. O annusato il profumo di un fiore, toccato la terra, sentito il vento sulla pelle. Un giorno di ri-nascita è gratis, salvo un piccolo impegno iniziale per aprire gli occhi come risvegliandoti da un lungo sonno. Prenditi il tempo di trovare nelle persone vicino a te una qualità mai vista prima. Raccogli i feedback  del tuo giorno di ri-nascita e reimposta le tua relazione con te stesso e con il mondo. Se sai di poterlo fare, lo farai. Perché la conoscenza ti rende libero. L’ha già detto qualcuno?(Giovanni, 8-32)

Il Coaching: anche se caschi, non ti fai male

Caduto dalle Stelle anche tu? Lasciati andare: con il coaching anche se caschi non ti fai male. A tutti quelli che ogni tanto si sentono stranieri su questo pianeta, a chi guarda in su sperando di leggere la scritta “torna!”, alle persone che hanno nostalgia di Casa, alle anime in pena che vorrebbero prenderla più alla leggera:  abbiamo passato anni a cercare di capire noi stessi e il nostro bisogno di trascendenza, perché capire, pensavamo, è il nostro piano A, quello che è nella nostra natura perseguire. Ce l’abbiamo fatta? Qualcuno sì, qualcuno no, molti sono in forse. Di fatto stiamo ancora “aspettando”. Che cos’è che ancora deve arrivare? la risposta potrebber risultare spiazzante: forse proprio noi! Siamo noi stessi che ancora non abbiamo posato i piedi al suolo, che siamo ancora in viaggio dal cielo alla terra, che non abbiamo voglia di mettere le radici, o che pensiamo che sia perder tempo o non far fruttare il nostro Innato. Adesso può essere il momento del piano B, quello che va in auge dopo che il piano A non ha funzionato più di tanto: lasciati andare e tocca terra senza attriti. Ti piace l’idea? Devi sapere che ci vuole un po’ di tempo per abbandonare i vecchi schemi, quelli per cui le persone spirituali non si sporcano con la terra;  con un po’ di pazienza e un pizzico di temerarietà (doti che non ti mancano) potrai renderti conto ambientarsi in questa vita non è poi così difficile. Il coaching è un metodo che io, trascendente fin dalla nascita, ho amato da subito: mi ha permesso di accompagnare le persone nel loro viaggio tra cielo e terra. I miei coachee sono stati tutti come me: girovaghi tra gli universi e viaggiatori dei tempi, gente di difficile collocazione su questo pianeta dai confini demarcati in modo netto. Accompagnando loro nei percorsi di coaching, ho portato a termine anche il mio viaggio: adesso la terra è la mia casa, come la loro. Quando hai una casa viene da sé che è bello starci dentro, portarci le tue cose, lavorarci, condividere gli spazi, darle un ordine tutto tuo. Il coaching è un metodo, si dice, per realizzare se stessi nei diversi ambiti della vita: poco importa che sia un coaching per questo o per quello (mi riferisco alla varie etichette che definiscono gli ambiti di intervento dei coach), ciò che conta è che sia coaching, cioè allenamento. È un allenamento a stare qui, il coaching: questo è quello che ho imparato, facendolo. Pensi che tutto ciò sia poco specifico, poco di nicchia, poco definito? Il coaching non ha niente di definito e anche poco di definibile, perché al centro c’è l’Uomo, qualcosa che ancora sfugge alle etichette. Ho scritto sul coaching due bei libri (per cui ti rimando alla pagina della scuola Medicoachinghttps://www.medicoaching.it/pubblicazioni/) ma quello più bello credo sia quello che scriverò un domani, e più tardi lo scriverò più senso avrà: sono infatti sicura che ancora molte cose, e straordinarie, mi riserveranno i miei coachee e alla fine saprò dare una definizione meritevole ad una materia che non ha ancora raggiunto la sua chiara fama (forse perché la fama è cosa da piccoli uomini mentre il coaching è solo per Uomini) http://dottsilviacalzolari.it/coaching-scienza-coscienza/ Lasciati andare, ti voglio dire: se caschi, con il coaching non ti fai male. Il coach non è il tuo paracadute, nemmeno uno che ti prende in braccio. Se cerchi un salvatore non è il coach, insomma. Io, ad esempio, sono un coach “cantastorie”: mentre tu cadi, ti aiuto a raccontare la tua storia. Chi sei, che cosa vuoi e come lo vuoi fare è una tua questione: a me piace ascoltarla, la tua leggenda. Anche a te piace ascoltarla, solo che non te la racconti mai perché sei troppo impegnato a vivere male. Succede nel coaching una cosa fantastica, che ha del surreale e invece è concretissima: mentre ti lasci andare, capisci quanto è bello volare, ti guardi attorno e vedi paesaggi a cui non avevi mai fatto caso prima. È così che ti innamori della tua vita, a cominciare dalla Terra, uno scenario niente affatto casuale. Ti accorgi che metter le radici è, in fin dei conti, ciò che vuoi: provarci e riuscirci, esprimendo te stesso anche nel più piccolo gesto, decidere, scegliere, lasciare la tua firma in ogni azione, che cosa c’è di più motivante? No, il coaching non serve solo “a questo o a quello”: serve alla tua vita, o forse meglio dire alle tue vite, registrate da qualche parte nello spaziotempo diverso, lo sai tu dove. Abbiamo bisogno di trascendenza e il coaching ci può aiutare a realizzarci in questo ambito proprio qui su questo pianeta. https://psico.it/piramide-dei-bisogni-5-bisogni-fondamentali-delluomo-secondo-maslow/2017/10/ C’è chi dice che l’Anima ha i suoi registri: bene, registra la tua esperienza di adesso nell’akasha, o se prefersici nel DNA, e scrivi che il coaching ti è servito per atterrare dolcemente e ambientarti in una vita piena di senso e significato. Il te stesso che un giorno leggerà il registro forse lo saprà già che il coaching fa bene alla vita  (vedi Kryon – Akasha Umana Alla scoperta del registro dell’anima- Monika Muranyi). Allora intesi? Lasciati andare che io non ti prendo, ma ti faccio cantare la tua canzone e, come ben si sa, il “canta che ti passa” funziona: chi avrà più paura di creare la propria realtà per compiere il senso e il significato dell’essere vivi? Andiamo, che è ora!

IL COACHING TRA SCIENZA E COSCIENZA

Il coaching: un metodo per crescere attraverso le relazioni. E crescere, nel caso del coaching, vuol dire espandere la propria coscienza. Questo cambia la nostra Personalità;  ne seleziona le naturali tendenze evolutive, orientandole verso un polo assertivo; ne svela gli aspetti ancora irrisolti, ponendoli alla luce dell’intelletto; ne esalta i tratti più raffinati, facendo emergere desideri nobili e profondi. Lavorare sulla propria coscienza con il metodo del coaching è un piacere della mente e un privilegio del cuore. Ho amato il coaching da subito: nonostante abbia verificato al 100% quanto sia potente nel favorire le persone a trasformare sfocati desideri in realizzabili obiettivi, io amo il coaching per il suo straordinario impatto sulla crescita personale. Ho conosciuto e approfondito diverse discipline metodi e tecniche che perseguono lo stesso scopo ma nessuna è per me così solida, attuale, moderna come il coaching. Tra scienza e coscienza: il coaching coinvolge globalmente la nostra neurofisiologia ed è compatibile con tutti  i modelli scientifici della coscienza, da quelli più classici a quelli più innovativi. Ma quello che è davvero straordinario nel coaching è che il campo di addestramento della nostra coscienza è quello della relazione interumana. Relazione: lo scenario in cui si svolgono tutte le nostre esperienze. Non c’è azione che non sia ambientata fuori o dentro di noi. Le nostre emozioni i pensieri le azioni sono prodotti relazionali. A livello scientifico ne sappiamo già abbastanza dei nostri processi mentali in se per sé; adesso la scienza sposta l’attenzione sulla relazione con l’ambiente, interno o esterno a noi che sia, concludendo che la mente è una funzione emergente da tale relazione, o, meglio, è relazione pura essa stessa, in grado di regolarsi attraverso i suoi stessi feedback. Il coaching ci allena sullo sfondo delle relazioni interpersonali: è lì che emergono le migliori qualità, anche quelle misconosciute, dalle quali possiamo, impegnandoci, ricavare capacità e competenze utili per realizzare quel che desideriamo profondamente.  Un obiettivo raggiunto è il risultato concreto di un’agentività esperita nel mondo che ci circonda. Stabilire relazioni sane con gli altri migliora la qualità del nostro vivere. Costruire relazioni sane non significa soltanto avere meno problemi da risolvere in famiglia al lavoro nella società, ma significa soprattutto prenderci più cura e responsabilità di noi stessi. Già antiche tradizioni, come quella essenica, greca e orientali, ci ricordano che le relazioni con i nostri simili rispecchiano quello che siamo dentro di noi: una maggiore consapevolezza dello specchio che la realtà costituisce per ognuno di noi, è un buon modo per scegliere di essere migliori, compatibilmente con le nostre potenzialità. La relazione con gli altri e la relazione con noi stessi: due facce di una stessa medaglia. Sono aspetti integrati in una stessa realtà quotidiana. Imparando ad ascoltare e accogliere l’altro, a metterci nei suoi panni, ad esprimere chi siamo veramente in ogni rapporto di amicizia, come anche solo di semplice conoscenza, ci diamo delle opportunità che neanche immaginiamo. E la vita cambia in meglio, in modo naturale, spontaneo, senza fatica. Il coaching mi è sembrato da subito un buon modo per gestire il proprio potenziale orientando le nostre forze psicofisiche verso il futuro, non senza rivalutare il proprio passato. Quando si parla di coscienza non sempre le cose sono così chiare a tutti: per questo il nostro secondo libro “Il coaching tra Scienza e Coscienza” mette la coscienza al centro dell’interesse del lettore per arrivare ad esaltare il metodo del coaching per la sua coerenza con tutti gli aspetti  che l riguardano, dai più densi ai più sottili. https://www.medicoaching.it/coaching-inside-out/E parlare di coscienza ci permette di spaziare nelle tante possibilità che il coaching può offrire , a patto di non sminuirlo in semplicismi che forse aiutano il marketing ma non sempre aiutano a far chiarezza sulle reali potenzialità del metodo. Il coaching oggi: un tema di attualità trattato a volte tra il serio e il faceto. Questo libro potrebbe non tanto convalidare slogan spicciativi, o supportare consumate metafore e ispirati aforismi, cari ad alcuni dichiarati professionisti del settore, quanto piuttosto parlare alla mente e al cuore di chi legge in modo semplice, lasciando all’intelletto all’immaginazione e all’intuito il compito di far fiorire una nuova prospettiva di chi siamo e di che cosa vogliamo.

Anima emozionale: metti passione nelle tue sfide

C’è un’anima emozionale in noi, che muove le nostre passioni e ci ispira a sfidarci. È l’anima degli Eroi, di cui ci parla Omero usando un termine antico, Thimos, che in greco significa respiro, sangue, energia, emozione, indica insomma la nostra anima emozionale. Prima di entrare in azione gli eroi omerici parlavano col proprio Thimos per farsi ispirare a compiere grandi gesta, degne di essere raccontate ai posteri. Oggi le neuroscienze ci dicono che il nostro cervello produce immagini che poi narriamo a noi stessi e che questa facoltà è una delle più complesse della nostra straordinaria mente. Raccontarci la nostra stessa autobiografia serve a ricordare a noi stessi chi siamo e a chiarirci le idee su che cosa vogliamo: risorsa utile quando si tratta di cimentarsi nelle prove (più o meno eroiche) della nostra vita. Al pari degli eroi antichi anche noi uomini moderni, quando siamo sotto stress e dobbiamo affrontare le sfide quotidiane, ci confrontiamo con la nostra anima emozionale: qualcosa ci spinge ad imbarcarci in nuove imprese verso la gloria, qualcos’altro ci tira indietro per farci rimanere al sicuro. In quei momenti ci passa per la testa (ma lo sentiamo nel corpo) un turbinio di emozioni; ognuna di esse ci dà una mano a scegliere che cosa fare (e anche se è il caso di farlo!). ascoltiamo e accogliamo l’emozione: essa ci orienterà nell’agire per il meglio. La passione, si sa, è un’energia motrice fondamentale e quando diventa consapevole è sempre spesa bene! (vedi le imprese di Achille, Ulisse e compagnia). Anche la scienza è d’accordo con Omero: neuroscienziati come Damasio, LeDoux, Goleman ecc… sostengono che le emozioni sono come mattoni fondamentali per costruire la coscienza e ci orientano nelle scelte, entrando a pieno titolo a far parte della mente ubiquitaria. Questo era, più o meno, anche il pensiero di Platone: ricordate il mito dell’Auriga e del Carro? Lo si legge nel Fedro (370 a.C.): Platone paragona l’uomo ad un condottiero esperto, che deve domare l’impeto di due cavalli, Eros, che vuole andare verso il basso, e Thimos, che vuole andare verso l’alto. La metafora sta a dirci che per guidare bene il carro della nostra vita dobbiamo sempre fare i conti con i nostri desideri materiali e le nostre passioni. E fin qui ci risulta che sia vero: quante volte ti è capitato di voler tanto correre verso il successo ma poi sei rimasto al palo? Thimos, il cavallo che rappresenta la passione, vuol farci volare in alto e il buon auriga conta proprio su di lui per domare il bizzarro Eros, che segue i bisogni e gli istinti più bassi. Nella sua idea di anima tripartita Platone ci svela che Thimos, cioè la passione, è l’anima emozionale e ci dice anche che è l’alleato principale dell’intelletto (nous) nei confronti dei desideri più materialistici (epitimia). Dunque sembra proprio che l’intelligenza abbia molto a che fare con l’emozione, tanto che i professori Peter Salovey e John D. Mayer nel loro articolo “Emotional Intelligence” hanno parlato di intelligenza emotiva (e sociale) già nel 1990. Filosofia e scienza: visioni consilienti che creano realtà. Oggi gli scienziati confermano che le emozioni stanno proprio a cavaliere tra i processi cerebrali superiori (come il pensiero, l’immaginazione, la memoria, l’ideazione ecc…) e le funzioni nervose più semplici (come riflessi, reazioni, percezione, sensazione ecc…), dando ragione a Platone. Nella teoria neuroscientifica del cervello trino (Paul Mac Lean, Triun Brain) i centri nervosi emozionali fanno parte del sistema limbico, o cervello antico, posto al di sotto delle cortecce, e contribuiscono in modo determinante ai processi mentali superiori. Senza emozionarci ad esempio ci risulta difficile imparare qualcosa, senza emozionarci non ci ricordiamo bene i particolari di quel che ci succede, senza emozionarci non riusciamo a esprimerci creativamente né ad amare, a provare empatia o a sentire compassione.

Non pensi di essere un eroe né ti interessa esserlo? Reputi che l’anima emozionale di platonica ispirazione sia un concetto superato e poco realistico? Ti invito a considerare le cose da un altro punto di vista e ti metto sulla strada per cambiare idea. Hai mai sentito parlare di sfide? Probabilmente si, e in diversi ambiti del lavoro, della vita, dello sport ecc.. dato che oggi questo termine è molto usato. Siamo in sfida perenne, perché la nostra società ci richiede continui miglioramenti, cambiamenti, trasformazioni. Raccogli la sfida e mettiti in gioco, altrimenti sei fuori dal gioco! Anche a te sarà capitato di accettare una sfida con te stesso per dimostrare qualcosa. Come è andata? Avrai visto che se te ne importava qualcosa le cose andavano alla grande, se non te ne importava niente è andata così così. La differenza che cosa l’ha fatta? Il tuo thimos, la tua anima emozionale. Vedi che il concetto è ancora attuale? Il tempo degli eroi non scade mai e questo può essere anche il tuo tempo da Eroe!


Emozioni e coaching: un dialogo con l’Anima

“Dobbiamo imparare ad organizzarci nella vita assumendo solo e soltanto la nostra Anima come aiuto e guida”: questo è il messaggio di Edward Bach, il medico inglese che nei primi decenni del 1900 aprì la strada ad un sistema di cura per il riequilibrio delle emozioni, basato sull’ informazione regolatoria vibrazionale (che oggi definiremmo neuroquantistica) e noto ai più come floriterapia (vedi dell’Autore Le opere complete-Macro Ed.). Un messaggio profondo e allo stesso tempo pragmatico, quello di Bach, che oggi potremmo definire di tipo “eudaimonico”, riferendoci ad un concetto di felicità naturale e virtuosa espresso da Socrate ed Aristotele fino a Fordyce e agli esponenti della psicologia positiva. Molti medici hanno accolto e praticato la filosofia di Bach, utilizzando gli elisir floreali per trattare il disagio emozionale e le disfunzioni psicofisiche ad esso correlate, spesso integrandoli in protocolli di cura sia omeopatici sia allopatici.

Il daimon, la voce interiore, la coscienza umana (vedi A. Damasio,”L’errore di Cartesio”) si possono identificare con l’Anima di cui ci parla Edward Bach? Certamente un comune denominatore tra questi termini lo possiamo ritrovare oggi proprio nel vasto panorama neuroscientifico: noi siamo Personalità, un organismo agente in un determinato spazio-tempo, quantistico e non, in un ambiente che funge da palcoscenico per le nostre gesta. La Personalità è l’identità mossa dalla ricerca di un senso e significato che diventa Essenza, quando c’è una comunicazione efficace tra tutte le sue parti: corpo, mente e spirito.

Ma come fa l’Anima a esserci “di aiuto e guida”, come sostiene Bach? Ciò presuppone che ci sia un dialogo tra personalità e anima e che le nostre azioni siano comunque influenzate da qualcosa che “muove da dentro”(il che richiama dal latino e-movere la radice del termine emozione). Emozione: ciò che viene fuori, muove da dentro, vigorosamente, impetuosamente, irrefrenabilmente e che proprio per questo scuote il nostro essere e ci cambia. Per capirci propongo questa equazione:

E:M=S:C l’Emozione sta alla Mente come la Sensazione fisica sta al Corpo

Come una stimolazione sensoriale produce un cambiamento dello stato fisico, così l’emozione attiva il processo mentale e condiziona stati mentali (o d’animo che dir si voglia); non c’è pensiero senza emozione, non c’è logica senza sentimento, ci dice oggi la ricerca neuroscientifica grazia ad Autori di fama mondiale come A. Damasio, J. LeDoux, D. Goleman, alcuni tra i tanti. L’emozione costruisce il nostro modo di pensare e di comportarci, dunque è venuto il momento di lasciarci alle spalle l’annosa questione del difenderci dalle emozioni, minimizzandole, ignorandole o demonizzandole. È il tempo della responsabilità e della consapevolezza, quindi dobbiamo accogliere, accettare, vivere fino in fondo le nostre emozioni, comprendendole e imparando dalle esperienze che esse stesse ci portano a fare.

C’è un’intelligenza emotiva che va sviluppata, ce lo dice la scienza, come già ce lo aveva suggerito Edward Bach dal 1930 al 1936, gli anni della sua ricerca clinica, scientifica e umanistica più importante: si tratta di un’intelligenza che trascende nel contesto interpersonale e sociale e contribuisce all’espansione della coscienza. (S. Calzolari, “L’espansione della coscienza”, Tecniche Nuove). Cortecce cerebrali nobili come quelle dei lobi prefrontali integrano i contenuti emozionali delle nostre esperienze, soprattutto a livello dell’insula, elaborando memorie sui calchi emotivi delle nostre imprese, costruendo la nostra storia e permettendoci di riconoscerla come “nostra” e di riprodurla raccontandoci (Sé autobiografico). Trasformiamo le emozioni in comportamenti coerenti al nostro essere: è questo che l’Anima di Bach ci aiuta a fare? Certamente sì: tutto il sistema della floriterapia si basa sulla gestione emozionale con l’aiuto di frequenze vibrazionale regolatorie che ristabiliscono la relazione efficace tra le parti che compongono la Coscienza Superiore (per Damasio sono identificate nel Protosè, Sé nucleare e Sé autobiografico).

Ciò che l’anima ci aiuta e ci guida a ricercare è la relazione efficace tra noi e il mondo in modo che possiamo fare esperienze costruttive cariche di senso e significato per il nostro essere.

L’esigenza di organizzarci nella vita, di cui Bach ci parla, è forte ed attuale, ci coinvolge tutti: “andare a caso” nella vita non ci serve, come non serve ad uno studente affidarsi alla sorte per superare gli esami e arrivare alla laurea. Un metodo moderno che aiuta l’Anima ad aiutarci, e che ci può servire parecchio, è il coaching. Le emozioni sono al centro della narrazione del coachee (il cliente) in una fase pre-obiettivo, in cui lo spazio-tempo relazionale è gestito dal coach per aiutare la persona a ritrovarsi, a conoscersi di più, ad accettarsi e a motivarsi. Chi sono, che cosa voglio, dove vado e perché sono domande che trovano riposta nella composizione di immagini mentali che partono dallo stimolo emozionale.

Grazie alla paura, alla rabbia, alla tristezza: grazie perchè siete madri dei nostri ragionamenti e dei nostri modi di fare, grazie perché, come tutte le madri, il vostro compito non è quello di determinare come i figli agiscono, ma è piuttosto quello di motivarli ad agire, trovando prima o poi l’ottimale espressione ognuno del proprio Sé. Le emozioni sono voci dell’Anima, e come tali ci guidano nell’esperienza, ci danno la spinta a muoverci e a metterci alla prova. La nostra Anima ci aiuta e guida attraverso le emozioni che generano pensieri che generano azioni. Un ciclo di generazione che e-move , cioè muove da dentro perché possiamo relazionarci con un ambiente propositivo e positivo: il fine ultimo, la vision di tutti noi, è quello di lasciare una traccia di noi nel mondo come il mondo la lascia dentro di noi.

Perché tutto ciò sia possibile non possiamo andare a tentoni e avanzare al buio: bisogna accendere la luce della consapevolezza. Benvenuto al metodo del coaching nella nostra vita, nel nostro lavoro, nella nostra società, un metodo annunciato già da almeno mezzo secolo di storia e di cultura e oggi presente, concreto reale. Per queste sue qualità nella scuola Medicoaching abbiamo dato al coaching il respiro multidisciplinare che merita; c’è tanto spazio e tanto tempo per le emozioni, per i pensieri e per le azioni. Sappiamo l’Anima oggi ci chiede di aiutarla ad aiutare le persone, dando organizzazione, struttura e metodo alla coscienza. È quello che facciamo. E così il dialogo eudaimonico, caldeggiato da Edward Bach, grazie anche al contributo del coaching, ci porterà tutti verso un futuro denso di senso e significato essenziale.